Di che colore è il cielo?

Apro gli occhi molto lentamente. Per un momento penso di essere ancora in quel maledetto posto chiamato ‘cielo’, ma quando mi guardo intorno, mi rendo conto che non è così.

Sono in ospedale.

Dal mio corpo partono numerosi cavi che mi collegano a delle macchine. C’è un comodino-vuoto-alla mia destra, ed una grande finestra che fa entrare gli ultimi raggi del giorno. Una piccola televisione si trova in mezzo alla stanza, fra il mio letto e quello accanto, e mi rendo conto solo ora di non essere sola.

-Per un momento ho pensato non tornassi!-mi dice un’anziana in tono gioviale.



Ha i capelli corti e molto grigi. Le rughe sono profonde sulla sua pelle ma ha un viso amabile con due occhi che sembrano molto più giovani rispetto al resto del suo corpo.

-Scusa?-chiedo confusa con voce roca.

-Pensavo morissi!-sorride da un orecchio all’altro.

-In realtà…penso di averlo fatto-la testa inizia a girarmi. Ciò che ho vissuto, è stato un sogno?

-E’ stato così cara. I medici hanno dovuto rianimarti, ma ora sei qui. Sei tornata dall’altra parte!

-Che ora è?-guardo disorientata verso la finestra. Sta imbrunendo, devono essere passate almeno 24 ore.



La vecchietta ride. Sembra che stare in ospedale non le impedisca di essere di buon umore.

-Ora?-le scappa una risatina-Vorrai dire giorno! Sei stata in quello stato per cinque giorni.

-Cinque giorni? Ed i miei genitori? Stanno bene? Sono venuti a vedermi?

Per la prima volta, la donna smette di sorridere e mi guarda seriamente, quasi preoccupata.

-Oh, no. Non sono venuti, vero? Non mi hanno perdonata.

Lei continua a guardarmi con i suoi occhi come se fosse in cerca di una risposta ad una domanda non formulata.



-E’ meglio chiamare il dottore, cara-mi consiglia amabilmente.

Schiaccio il bottone che sta accanto al mio letto per chiamare il medico. In pochi minuti, entra nella mia stanza.

-Vedo che ti sei svegliata-cerca il mio nome nella cartella che si trova ai piedi del letto-Come stai, Allysa?

-No, sono Andrea. Sto bene, sono venuti i miei genitori a trovarmi?

Il dottore mi guarda con le sopracciglia aggrottate. Si avvicina e mi controlla gli occhi con una lucina per vedere se le mie pupille reagiscono.

-Segui il dito-mi ordina. Passa il dito da un lato all’altro davanti al mio naso.

Faccio ciò che mi chiede.

-Comunque, non è venuto nessuno?-la mia voce suona un po’ delusa.

-No, non è venuto nessuno-dice in tono professionale.



Capisco che i miei genitori siano arrabbiati con me, ma così tanto? Ero al punto di perdere la vita, di fatto è accaduto, e non si sono disturbati nel venire a vedermi. Nemmeno Laura.

Sento la delusione crescermi dentro il petto.

-E Sam?-provo a chiedere ancora. Per favore, che qualcuno sia venuto.

-Torno subito-dice ignorando la mia domanda ed uscendo dalla stanza.

L’anziana, che aveva osservato la situazione per tutto il tempo, mi guarda e con un sorriso afferma:

-Vedrai come si sistemerà tutto cara. Te lo dico io, che ho 93 anni di esperienza-e ride alla fine della frase.



E’ impossibile non essere contagiati dal buon umore di questa donna.

-Lo so-mormoro più ottimista di prima.

Mi sistemo decentemente sul letto. Cavolo, cinque giorni in ospedale. Magari i miei documenti si sono persi nell’incidente e per questo non hanno potuto contattare i miei. Ed il dottore mi ha chiamata Allysa, magari quello è il nome che hanno trovato, che può essere della guidatrice con cui mi sono scontrata, no? E’ una possibile spiegazione a tutta questa confusione che sto sperimentando. Devo ricordarmi di raccontarlo al dottore.

Inizio a mordermi le unghie-sono cresciute tanto in soli cinque giorni!-aspettando il ritorno del medico, fino a quando non riesco più ad aspettare. Ho bisogno di fare qualcosa.

-Vado al bagno-dico alla donna-Come si chiama?

-Mi chiamo Viola. Vuoi che ti aiuti cara?

Che una donna anziana con 75 anni in più di te, ti chieda se vuoi aiuto, è molto divertente.

-No, grazie-dico reprimendo una risata-Io sono Andrea.

Il dottore sa che sono sveglia e sana, così tolgo i cavi che mi collegano alle macchine e mi dirigo al bagno. Quando mi siedo sulla toilette mi sento affaticata. Questi cinque giorni passati a ‘dormire’ mi sono costati cari. Mi rimetterò in forma una volta uscita da qui.

Finisco e mi avvicino al lavabo. Prendo il sapone e lo spasso fra le dita. Mi mancavano sensazioni come questa, così semplici e quotidiane, dall’altra parte.

-Dov’è Allysa?-sento chiedere dal dottore. E’ già tornato.

-Sono in bagno-rispondo-Arrivo subito.

Sul lavabo c’è uno specchio. Mi osservo.

Il sapone mi cade dalle mani, cadendo al suolo, nel momento in cui grido con tutta l’aria che ho nei miei polmoni.

La ragazza che vedo nel riflesso non sono io.