Jessica cade al suolo e si porta la mano al naso. Sta sanguinando.
Clarisse e Lisa spostano il loro sguardo da Jessica a me e da me a Jessica, senza sapere cosa fare.
Jessica si alza e si dirige rapidamente verso di me, ma con quei tacchi è lenta e può perdere facilmente l’equilibrio. Io invece sento l’adrenalina scorrermi nelle vene e non ci penso due volte nel tirarle un calcio all’addome, il che provoca la sua caduta contro un bancone della cucina, tirando a terra varie bottiglie e bicchieri che si frantumano.
Il rumore che provoca richiama l’attenzione di varie persone, che si avvicinano alla cucina a vedere cosa stia succedendo.
-Si picchiano! Max, Daniel, guardate! Due ragazze si picchiano!-grida euforico un ragazzo che non conosco.
In realtà, non conosco nessuno a questa festa, non so perché mi sorprenda.
Jessica approfitta del mio momento di distrazione, e si lancia su di me tirandomi i capelli e piantando le sue unghie nella mia pelle.
-Allysa!-grida Clarisse. Credo provi ad avvicinarsi a me ma non ne sono sicura.
E’ impossibile liberarsi di questa tipa, quindi uso la sua stessa tecnica. E funziona: lei mi lascia per prima.
Ne approfitto e mi allontano per riprendere aria-e forze.
Ora so perché Clarisse non mi può aiutare, Lisa la sta fermando. Almeno non si stanno picchiando fra di loro.
Jessica ed io rimaniamo ferme a guardarci ad una distanza di sicurezza senza spostare lo sguardo. Le persone ammassate alla porta iniziano ad acclamare mentre Clarisse mi guarda preoccupata.
Quando me ne rendo conto, Jessica si tira su di me facendomi cadere al suolo. Merda, non l’ho vista arrivare. Provo a togliermela di dosso ma mi blocca le braccia con le sue gambe.
-Ti avevo detto di spostarti, bimbetta!-ruggisce.
Muovo il mio corpo da un lato all’altro, provando a spostarla, ma lei non si muove di un millimetro. Ha sicuramente esperienza in queste cose.
Va bene, Andy, lascia perdere l’ironia e concentrati.
Merda, merda, merda, devo uscire da questa situazione o le cose si metteranno male. Le sputo in faccia, ma questo serve solo a peggiorare le cose.
-Schifosa puttana!-grugnisce con la faccia schifata.
Il primo colpo è sul mio zigomo sinistro. Secco, forte, doloroso. Provo ad evitarle, ma con il dolore mi si inzuppano gli occhi. Il secondo colpo non tarda ad arrivare, dall’altro lato della faccia e permette alle mie lacrime di scivolare lungo le mie guance. Sento come un liquido caldo scivola lungo il mio viso, immagino siano le lacrime. Ma quado Jessica tira indietro la mano per colpirmi un’altra volta, vedo che è piena di sangue. Questo liquido caldo è sangue.
Poveretta, si sta facendo male colpendomi la faccia. Anche così non si ferma. Non le fa male. Forse quel sangue non è suo ma mio. Questo spiegherebbe perché mi sento soffocare.
Distinguo la faccia di Clarisse nella folla. Ha la faccia addolorata, con una strana espressione. Devo essere orribile.
I colpi non si fermano, continuano uno dietro l’altro, anche se non sento dolore, credo che stia per svenire.
Riconosco una voce che supera quelle della folla. Giurerei si tratti di Josh.
L’ultima cosa che ricordo prima che l’oscurità mi inghiotta, dove Jessica colpì la prima volta, Ethan mi asciuga una lacrima.
************** Sono in mezzo ad un lago che mi bagna solo i piedi. Ovunque guardi, non vedo dove inizia né dove finisce. Inizio a camminare ma la profondità dell’acqua è sempre la stessa.
Dovrei spaventarmi? Non so dove mi trovi né come ci sia arrivata, ma non è paura ciò che sento. Ormai sono abituata al vedere cose che non capisco.
Abbasso lo sguardo, verso l’acqua, con l’intenzione di guardare il mio riflesso. Ma l’unica cosa che vedo sono i miei piedi attraverso l’acqua cristallina.
-Non so chi sono-mormoro.
Al pronunciare queste parole, mi rendo conto che qualcosa in me inizia a liberarsi, come quando reprimi qualcosa per molto tempo fino a quando non lo lasci andare.
-Questo dipende da chi vuoi essere-dice una voce. Non so di chi, ma mi ricorda qualcuno.
Una volta volevo essere un avvocato. Volevo proteggere e difendere le persone innocenti. Volevo cambiare il mondo. I miei genitori mi hanno insegnato ad aspirare in alto a lottare per conseguire i miei obbiettivi. Volevo fossero orgogliosi di me. Volevo essere la moglie di Sam, vivere in una cassa lussuosa, con un gran giardino e due cani. Volevo anche avere figli. Tre o quattro, magari. E avrebbero giocato con i figli di Laura. Volevo essere felice.
Ma non posso più avere questa vita.
Adesso non so chi voglio essere. Non ho un piano prestabilito. So cosa e chi mi fa felice, ma niente di più.
Per un momento, vedo il mio riflesso. O mi sembra di vederlo. Vedo Andrea, con i miei capelli biondi e i miei occhi grigi, ma l’immagine viene subito rimpiazzata da quella di Allysa con i suoi occhi color caffè. Ambedue le immagini svaniscono immediatamente e dubito che ciò che abbia visto sia vero o se sul serio abbia visto i miei riflessi.
Perché ora sono due persone, no?
-Stai sbagliando prospettiva-torna a dire quella voce.
Ed in questo momento, ricordo dove l’ho sentita. E’ la stessa voce che ho sentito quando ero in cielo, quella che mi ha avvertita che non sarei potuta tornare.
Penso impazzirò con tutti questi enigmi. Non posso fare nulla, ma continuo a pensarci. Devo riparare qualcosa ma non mi dicono come. E ora, sto sbagliando prospettiva.
Voglio svegliarmi, perché questo non è altro che un sogno, no?
Se non sono due persone, chi sono? Magari questo non è importante, dovrei concentrarmi su chi voglio essere ora. Bene, voglio essere Allysa, voglio essere tutto ciò che ho appreso negli ultimi giorni, ma voglio anche la mia famiglia, voglio recuperarla. Ma è impossibile, non posso ottenere il meglio da entrambi i mondi, finirei per peggiorare la situazione.
Comunque, ho già intenzione di non voler sapere più nulla della mia famiglia, non per me, ma per loro. Evito di causare loro più sofferenza di quanto abbia già fatto.
Cosa dovrei fare? Sono persa, non ho idea di quale strada seguire. Dovrei aggiustare qualcosa che non so perché sia rotto e nessuno vuole aiutarmi.
-Non posso ristabilire l’equilibrio da sola! E’ impossibile!-protesto.
Ed in un sussurro quasi inaudibile, sento:
-Sembra impossibile, fino a quando non lo fai.
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