Di che colore è il cielo?

Esmeralda.

Questo è il nome della persona con cui mi sono scontrata quella notte.

E’ impossibile che sia la stessa Esmeralda che ha chiamato i soccorsi quando Allysa si è soffocata. Anche tenendo conto del fatto che sia un nome poco comune, una persona non può essere in due posti contemporaneamente.

-Sbrigati!-mi dice Ethan guardandomi le spalle, verso il corridoio per cui è sparita Candy.



Tornerà da un momento all’altro.

-Lo sto facendo!

Secondo ciò che c’è scritto, la donna è stata ricoverata per gravi ferite. Ha recuperato molto in fretta, nonostante i medici pensassero che non avrebbe superato la notte. Avrebbero dovuto lasciarla andare il 18 aprile, due giorni dopo l’incidente. Ma entrati nella sua stanza, la trovarono vuota.

-Dobbiamo andare. Sta arrivando!

Ethan ha ragione. Il rumore delle scarpe di Candy lungo il corridoio si sente sempre più vicino.

-Un momento-supplico-Devo sapere dove vive.



Devo sapere se questa donna è la stessa che ha chiamato quando Allysa è stata la punto di morire. Devo parlare con lei.

-E’ tardi, andiamo!

Ethan mi prende per il braccio e mi tira, ma sembra che le mie gambe abbiano deciso di fare radici perché non mi muovo. Clicco disperatamente la voce ‘dati personali’ nel momento in cui Ethan mi stringe fra le braccia e mi trascina via impedendomi di vedere dove vive Esmeralda.

-Chi siete voi?-si sente una voce femminile. Quando alzo lo sguardo per sapere di chi si tratta, trovo una donna dai capelli scuri raccolti: Candy.



I nostri sguardi colpevoli insieme ai nostri corpi paralizzati e la nostra presenza dietro al computer a guardare documenti considerati privati, è più che sufficiente affinché Candy ci minacci:

-Vado a chiamare la sicurezza.

Prima ch’io possa dire qualcosa, Ethan mi libera e dice:

-Aspetta un momento-alza una mano come se potesse trattenere Candy.



Sarà per la giovane età e per la sua scarsa esperienza in quel lavoro, o magari perché riesce a leggere il panico nei nostri volti, non chiama la sicurezza. Rimane ferma a guardarci, aspettando e tremando come una foglia.

Ha paura di noi?

Ethan si gira verso di me. Dalla confusione che leggo nei suoi occhi, so che non ha nessuna idea di ciò che sta per fare.

-A cosa stavi pensando?-mi chiede con voce abbastanza alta affinché Candy possa sentirlo.



Sta gesticolando molto con le mani, come se fosse arrabbiato.

-Cosa?-socchiudo gli occhi e scuoto la testa da un alto all’altro, in un vano intento di capire la situazione.

Ethan sta impazzendo. E’ questo, no?

-Te l’ho detto che fosse una cattiva idea ed ora pagherai le conseguenze!

Pagherai le conseguenze? E’ per caso un film e lui si crede il protagonista o qualcosa del genere?



Oh aspetta.

Si tratta di questo.

Prova a salvarci il culo interpretando un copione.

Guardo Candy. Continua a non chiamare nessuno. Ci guarda come se si stesse chiedendo da qualche manicomio siamo scappati.

-Non preoccuparti, Candy, ci penso io a questa piccola delinquente-annuncia Ethan nel momento in cui mi prende per le spalle e mi trascina via.

Continuiamo a camminare, con il cuore in gola, mentre ci avviciniamo ad uno dei corridoi-il più lontano da Candy. Sono così spaventata che non sono nemmeno capace di guardarla con la coda dell’occhio per sapere cosa sta facendo.

-Sicurezza, ci sono due intrusi al terzo piano-Candy rompe il suo silenzio e le nostre speranze di andarcene senza problemi.

-Ed ora?-chiedo ad Ethan appena arriviamo ad uno dei corridoi.

-Corri!

Provo a correre alla sua stessa velocità per evitare di rimanere indietro.

-Questo è il tuo gran piano maestro?!-grido raggiungendolo.

Ethan ridacchia, il che dimostra quanto poco gli importi la situazione e quanto si sta divertendo.



Oppure ha completamente perso la ragione.

Percorriamo alcuni corridoi fino ad arrivare all’ascensore nel momento preciso in cui le porte si aprono, mostrando tre uomini della sicurezza al suo interno.

-Per le scale!-esclama Ethan senza perdere il buon umore.

Gli uomini ci mettono qualche secondo a reagire, ed a noi basta per passare accanto a loro senza che ci immobilizzino.

Ci sbrighiamo a scendere le scale. Barcollo un attimo e quasi mi spalmo sul pavimento, ma Ethan mi prende in tempo.

Arrivati al primo piano, l’adrenalina sta percorrendo il mio corpo ed il fatto che siamo riusciti a scappare da quegli uomini fanno in modo che le risa di Ethan mi contagino. Quando me ne rendo conto sto ridendo come una foca isterica mentre esco dall’ospedale.

-Non è stato così male, no?-chiede Ethan con le guance colorate a causa della corsa.



-No. Lo appunterò nella mia lista di cose da fare nel tempo libero-rido.