Di che colore è il cielo?

-Lasciatemi! Non sono diventata pazza!-ci sono braccia che mi stringono da tutte le parti, provano ad immobilizzarmi-Quella non sono io!

Ma loro sono numerosi e più forti di me. Mi infilano un ago nel braccio ed in poco tempo vengo avvolta dall’oscurità.

Apro gli occhi.

Dove sono? Da quanto sono qui? Dove sono tutti? Sto iniziando a stancarmi di formulare tante domande senza ottenere risposte.

Sento la testa da un’altra parte, più intontita e lenta nei riflessi, saranno gli effetti di ciò che mi hanno iniettato nel braccio. Sono in una stanza. Immagino nello stesso ospedale di prima, solo che ora non c’è nessuna amabile vecchietta accanto a me. Sono sola.

Torno a chiudere gli occhi, lasciandomi cullare dall’oscurità.



Quando torno in me, mi obbligo a ricordare ciò che so di aver vissuto, per assicurarmi di non dimenticarlo. Mi chiamo Andrea Evans ed ho diciotto anni. Sono morta e sono andata in cielo. Sono tornata alla vita nel corpo di un’altra ragazza. Mi chiamo Andrea Evans ed ho diciotto anni. Sono morta e sono andata in cielo. Sono tornata alla vita nel corpo di un’altra ragazza. Mi chiamo Andrea Evans ed ho diciotto anni. Sono morta e sono andata in cielo. Sono tornata alla vita nel corpo di un’altra ragazza.

Così ancora qualche volta.

Aspetto venga qualcuno, un medico, un infermiere, lo psichiatra, un assistente di cura, chiunque sia, ma non viene nessuno. Che sta succedendo? Sono una perturbata? Ho invaso il corpo di un’altra persona? Il mio corpo si sarà distrutto nell’incidente. O magari sono stata per molto tempo in ‘quel posto’, che ne so. Questo deve essere il mio personale inferno. Maledizione!

Ora inizio a contare. Dovrò pur fare qualcosa se non voglio diventare pazza. Sono arrivata al 500 quando mi alzo dal letto. Mi avvicino al bagno e molto lentamente, come se la mia vita si basasse su questo, mi guardo allo specchio.

Sono un po’ più bassa. I miei capelli sono orribili. I miei soavi capelli biondi sono stati sostituiti da lisci e opachi capelli color cioccolato. Prima non è che avessi la pelle nera, ma ora sembro un fantasma(ok, devo smetterla di confrontarmi con i non morti) con questa pelle così pallida. Mi sono uccisa in palestra da quando ho iniziato le superiori per riuscire ad entrare nella taglia 40 ed ora, con queste curve, è già tanto se entro in una 42. Ma la cosa più scioccante, sono i miei occhi. Avevo dei bellissimi occhi grigi, come quelli di mia madre e di mia sorella, ma ora sono color caffè. Non sono solo color caffè, ma un piccolo frammento del mio occhio sinistro, è grigio, come se una parte della vecchia me volesse farsi notare in questo corpo.



Ottimo, sono passata dall’essere la più popolare dell’istituto al sembrare un mostro.

Le punte delle mie dita toccano il mio nuovo viso. Deve avere più o meno la mia età, se non la stessa. Sul serio mi sta accadendo tutto questo? Sembra una storia degna da film dell’orrore.

Un momento.

Lo specchio riflette un piccolo filo rosso sul mio mignolo della mano sinistra. Con l’altra mano provo a toglierlo, ma mi rendo conto che non è un filo, è un tatuaggio.

Non avevo mai avuto un tatuaggio. Mi svesto e studio il mio nuovo corpo. Non ho nessun altro tatuaggio e non ho nessun piercing. Spero che questo corpo non abbia una qualche rara malattia o qualcosa del genere.

E se avesse famiglia? E un lavoro? E dove si suppone che viva? Ho rubato il corpo a questa povera donna? Oh Dio mio, sembra che le cose peggiorino sempre di più. E con chi dovrei parlare di questa cosa, se tutti mi prendono per pazza?

Potrei provare a parlare con i miei genitori, spiegare loro la situazione. O con Sam. Ci sono cose di noi due che so solo io. Dovrebbe capirlo. Le cose miglioreranno. Per ora, devo rimanere qui e convincere tutti che non sono pazza e che ho solo perso la testa per un momento.

Devo rimettermi in contatto con i miei.

Mi rivesto in fretta e torno al letto, nel caso in cui venga il medico, non sia mai che entri in bagno credendo che sia impazzita di nuovo trovandomi nuda.

Continuo a contare. Sto per arrivare al 762 quando entra il dottore accompagnato da un altro uomo. Quell’altro uomo aveva aiutato ad immobilizzarmi per infilarmi l’ago nel braccio. Dedico loro il mio sorriso più innocente.

-Allysa, come stai? Ti ricordi di me?-mi chiede il dottore.



-Sì certo, è il dottore di prima, no?-rispondo in tono più neutro possibile.

-Esattamente. Lui è Paul, lo psichiatra dell’ospedale. Forse ora sei confusa o non capisci qualche cosa, lui può aiutarti a trovare le risposte, d’accordo?

Annuisco mentre sorrido.

-Vi lascio da soli, avvisatemi se avete bisogno-ed esce dalla stanza.

Paul si siede su una sedia accanto letto e annota qualche cosa su un taccuino che porta con se. Dopo chiede:

-Come ti chiami?



-Allysa.

-Allysa, sai cosa ti è successo?

-Non lo ricordo.

Ecco! Posso fingere un’amnesia causata dall’incidente.

-Hai rischiato di morire. Sei stata in coma per cinque giorni.

Lo psichiatra continua a farmi domande, ma non so la risposta ad alcuna di esse. Non ho bisogno di fingere di non sapere le risposte, perché ignoro davvero quali siano le risposte riguardo ad ‘Allysa’. Spero che alla fine scriva ‘amnesia retrograda’ e non ‘ha completamente perso il giudizio’.

Dopo quasi un’ora di domande, arriviamo alla fine.

-Allysa, abbiamo finito. Mi dispiace dirtelo, ma hai un’amnesia detta amnesia retrograda. E’ un tipo di amnesia caratterizzata dall’incapacità di ricordare eventi antecedenti all’incidente. Potresti provare a ricordare riprendendo le abitudini che avevi prima, ma non c’è niente di sicuro…

Lascio che continui a parlare. Ho conseguito il mio scopo. Entro poco potrò uscire da qui e tornare dalla mia famiglia. Mi porto una mano alla bocca e fingo di essere profondamente sconvolta.



-In questi casi di solito si avvisano i familiari-continua a dire-ma da quello che so, non hai nessun parente prossimo vivo e non hai nessuna relazione sentimentale. Mi dispiace molto, se hai bisogno di qualcosa mi trovi al piano superiore alla fine del corridoio sulla sinistra.

Bene, almeno a nessuno mancherà l’anima di questa ragazza.

All’uscita di Paul, torna il dottore.

-Bene Allysa, ti riporto nella tua stanza. La tua compagna ha chiesto di te. Se tutto va bene, domattina ti dimetteremo.

‘Domattina ti dimetteremo’.

Incido a fuoco queste parole nella mia testa. Domani sarà il giorno in cui tornerò dalla mia famiglia.