oblivio; il segno degli abissi

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    - Il Segno degli Abissi -



    { Rohs Sirrah, un punto imprecisato }
    Alcuni giorni prima

    Da qualche parte, in un'isola sperduta dell'arcipelago del Rohs Sirrah, quella notte spirava un vento freddo che si insinuava sotto le porte, faceva vibrare le finestre e, in qualche caso, le faceva sbattere tanto forte da mandare i vetri in frantumi, provocando sobbalzi e bestemmie in egual misura.
    In una vecchia palafitta abbandonata, avvolti in logore coperte di lana grezza, sedevano sul pavimento - le gambe incrociate e il respiro corto - tre figure incappucciate.
    Il primo di questi pareva essere un vecchio umano dall'aria truce e il volto segnato dalle rughe; alla sua destra sedeva un galzani, un leone antropomorfo dalla criniera ondulata di un bel biondo miele. Poco più indietro, con la testa penzoloni sulla spalla sinistra, rapidamente si appisolava una bambina dalle guance esangui e lunghi capelli di un nero corvino che servivano solo a renderla ancora più pallida.
    Il vecchio, tradendo una certa impazienza, si passò una mano sulla folta barba incanutita e con l'altra si affrettò a stringersi addosso la coperta. Il galzani, il cui nome era Bhener, non fece in tempo a schiarirsi la voce che il suo interlocutore lo anticipò, con aria cupa:
    "Questa, Bog non ce la perdona di sicuro."
    "Non è stata precisamente colpa nostra" disse Bhener, stringendosi nelle spalle.
    "No, non lo è stata. Credi che faccia una qualche differenza?"
    Bhener non rispose.
    "Te lo dico io: non fa nessuna fottutissima differenza. E quando andremo a dirglielo, Bog si farà una bel manicotto nuovo con la tua pelliccia."
    "Questo non mi piace" concluse Bhener, digrignando le zanne. "Cosa possiamo fare?"
    "Una buona domanda" rispose il vecchio. "Perché abbiamo fallito?"
    "Lo sai. Per colpa di quel fottuto Coniglio assassino."
    "Giusto, Tokki è un mostro. Ma ora rispondi a questo, amico mio: come si sconfigge un mostro?"
    Bhener sollevò le spalle. "Non lo so."
    Il vecchio ghignò: "Semplice. Con un mostro peggiore."


    { Rohs Sirrah, vicino alle paludi; Crepuscolo }
    .pov - partecipanti

    Khalzjan, uno sparuto villaggio ai margini delle paludi popolato da circa trecento anime - nessuna delle quali destinata al Paradiso.
    Khalzjan è un accrocchio di poche case e qualche palafitta vicino al fiume, molto distante da qualsiasi altro centro abitato della zona. Perché nessuno costruisce vicino alla Palude - e se lo fa, è perché è la Palude a permetterlo. Quelle povere bestie dovranno pure mangiare qualcosa.
    Il villaggio in sé non è esattamente una meta turistica, ma da qualche tempo il traffico da queste parti si è intensificato, e per tre validissime ragioni. La prima: il recente ritrovamento di alcune pepite d'oro di minuscole dimensioni in un fiume che dista mezza giornata di cammino dal villaggio; non sarebbe poi una grande scoperta, ma da queste parti la fame si taglia col coltello e qualche pagliuzza d'oro fa gola a molti. La seconda: l'apertura della locanda del "Tentacolo d'Oro", la cui proprietaria, Donna Sybelle, si dice sia di una bellezza pareggiata soltanto dalla sua capacità ai fornelli e dal suo innato senso degli affari.
    La terza, valida e soda ragione, è il culo di Donna Sybelle.

    Si è in una sera di fine estate, il che significa che il vento soffia da sud, portando con sé i miasmi delle vicine paludi e pertanto le finestre della locanda sono chiuse.
    La costruzione si sviluppa su due piani e una cantina; il piano terra ospita una decina di tavoli di legno, un lungo bancone, le cucine e la stanza delle due cameriere che spesso e volentieri arrotondano la paga intrattenendo i clienti dopo l'orario di chiusura. Al piano inferiore, su ispirazione di Donna Sybelle e retta da un giovanotto dai simpatici baffi a manubrio, si nasconde una bisca clandestina a cui è possibile accedere dietro il pagamento di un piccolo obolo, come si trattasse di un circolo privato. Al piano superiore, si mormora si trovino gli alloggi del giovanotto e di Donna Sybelle e altre stanze la cui destinazione d'uso non è data sapere.
    Il piano terra è, se non il più interessante, sicuramente il più affollato. La fauna locale si compone di una decina di cercatori d'oro coperti di melma e fanghiglia fino alle ginocchia, un paio di viaggiatori e tagliagole e i quattro vecchi ubriaconi del villaggio che non mancano di trascorrere la serata allo stesso tavolo bevendo, giocando a carte e raccontando, tra una bestemmia e l'altra, sempre le solite tre storie - che magicamente ogni sera si innovano e divergono nei dettagli e nella trama generale a seconda di chi sia il narratore.
    La sala è di forma rettangolare, e si accede dal lato lungo, trovandosi davanti a un breve corridoio cui fanno ala i tavoli di legno. Sulla sinistra, in due tavoli vicini, sono accomodati i cercatori; parlottano fra loro nella lingua comune, si scambiano idee, insulti, suggerimenti e qualsiasi altra cosa gli passi per la testa.
    Sulla destra ci sono invece due tavoli occupati da due diverse coppie di avventori - i viaggiatori e i tagliagole, questi ultimi riconoscibili dall'aria truculenta e l'armamentario bene in vista. A distanza di due tavoli - entrambi vuoti - c'è l'ultimo tavolo, che è quello dei vecchi ubriaconi. Dietro di loro, nascosta da un muro di botti di birra e pesce sotto sale, c'è la scalinata di legno che conduce alla cantina.
    Proprio di fronte all'ingresso, il bancone della locandiera da cui si accede alle cucine e - dietro il bancone - una decina di bottiglie di alcolici, molte delle quali impolverate e ancora chiuse. Nessuna traccia di Donna Sybelle o delle cameriere.
    Nell'aria si confonde, insieme con l'odore del sudore e del tabacco, quello più piacevole del pesce e del fritto. Il piatto del giorno sono anelli di calamaro fritto e polpettine di pesce-lanterna.
    Sembrerebbe una serata tranquilla, ma nessuno dei presenti commetterebbe mai l'errore di pensarlo.

    Ye! Benvenuti signor* e costrutti elementali. Questo è solo il post di presentazione di una scena masterata a cui potrà partecipare chiunque lo desideri.
    La scena si svolgerà in una maniera un po' atipica: io posterò orientativamente una volta ogni 7-10 giorni. Nell'intervallo fra un mio post e il successivo, chiunque potrà inserirsi, anche a giocata in corso. Non ci saranno proroghe, in linea di massima, perché non sarà assolutamente necessaria la partecipazione a ogni turno della giocata. Sentitevi liberi e scrivete quando/se ne avete voglia.
    La scena si svolgerà tutta nel Rohs Sirrah, niente cambi di location improvvisi.

    Per questo primo turno, una sola indicazione: arrivare alla locanda (o essere già presenti, un po' come vi pare); le motivazioni che vi hanno condotto in questo buco di culo ameno paesino sono a vostra discrezione.
    Potete interagire con i png, ma non siate autoconclusivi. Se volete concordare un dialogo o vi serve un png che vi indirizzi lì, o volete concordare una motivazione o volete insultarmi, contattatemi su discord.
    Non c'è altro, credo. Spero sarà divertente.
     
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    L’arrivo della sera strappò quasi con violenza le sfumature aranciate degli ultimi raggi di sole dai tetti di Khalzjan, precipitando l’arcipelago di Rhos Sirrah in una graduale oscurità. Da qualche parte il gracidio delle rane e lo stridio di un airone solcarono l’aria.
    Sarebbe stato quasi poetico se il vento tiepido – che spingeva l’erba alta e le fronde dei salici a frusciare in modo irregolare – non avesse portato con sé il tanfo orrendo della vicina palude.
    Perlomeno il tempo era ideale, senza nubi nel raggio di miglia. Inoltre, se si aveva un naso un po’ più sopraffino, quando le zaffate puzzolenti davano tregua era perfino possibile percepire il leggero odore salmastro della costa.
    Ares arricciò il naso infastidito, affrettando il passo per evitare di finire in mezzo agli acquitrini nel cuore della notte: il sentiero era in condizioni talmente pietose da somigliare più ad una pista da animali, invece che di persone, difficile da seguire a tratti tanto da farlo dubitare di star camminando nella direzione giusta. Gli sarebbe piaciuto avere con sé il proprio carro, fidato compagno di quasi tutte le sue avventure, ma la tassa d’imbarco per un bene di quelle dimensioni era stato troppo esorbitante persino per lui. A poco era servito spiegare al capitano del vascello che lo aveva portato lì che quella era la sua casa e che vi erano tutti i suoi beni più preziosi. In che senso ‘Un carretto pieno di vestiti, profumi e cianfrusaglie non è un bene di prima necessità’???
    Così lo stregone si era dovuto rassegnare, portando con sé solamente lo stretto indispensabile in uno zaino da viaggio ed evitando di maledire il capitano solo quando si rese conto che in qualche modo in quella parte di mondo dimenticata dagli Dei doveva pure arrivarci incolume. Al Divoratore le tasse d’imbarco e le restrizioni sui carichi! Avrebbe dovuto premere di più sulla questione, sì. Così a quell’ora avrebbe avuto il sedere bello comodo da un pezzo e non avrebbe dovuto preoccuparsi del buio, del fango, della puzza e dell’anima dei mortacci che gli volevano male là fuori nella notte.
    Con uno sbuffo irritato il tiefling sollevò gli occhi al cielo, chiedendosi quanto ancora sarebbe durata quella scarpinata: a rispondergli furono unicamente le prime stelle, luminose e fredde contro il manto scuro della notte che avanzava sempre più rapidamente. Le labbra si ritrassero in un sorriso dimentico degli affanni del viaggio per qualche secondo: anche nel posto più remoto pensabile in quel mondo maledetto vi era comunque bellezza.
    Un sasso piantato verticalmente nel mezzo del sentiero quasi gli fece perdere l’equilibrio, rischiando di mandarlo faccia a terra. Fu lì lì per imprecare, ma un bagliore aranciato catturò la sua attenzione. Poco al di sopra della cunetta che stava risalendo, i primi tetti di Khalzjan fecero capolino, salutando il nuovo visitatore in tutta la loro gloriosa povertà.
    Lo stregone si fermò un istante ad osservare il luogo con occhio critico: un tipico insediamento il cui centro doveva essere nato come avamposto di qualche tipo o semplicemente come rifugio dalla legge, ampliato in tempi più recenti con costruzioni tirate su in fretta e furia. Tutto dava credito alle dicerie che narravano di alcune vene d’oro scoperte nei paraggi, attirando lì una gran quantità di straccioni e disperati in cerca di una fortuna che non sarebbe mai arrivata. Quando il capitano del mercantile su cui era imbarcato gli aveva raccontato la questione Ares aveva dovuto trattenersi dal ridere: oro in quelle isole e per di più vicino ad una palude? Improbabile, a meno che non ve lo avesse gettato qualcuno. Lo sapeva anche il più grande idiota che il Rhos Sirrah non era esattamente famoso per l’esportazione di minerali preziosi, senza contare che c’era bisogno di montagne alte di origine vulcanica perché vi fossero le condizioni di esistenza di venature d’oro. Ad ogni modo tanto sembrava essere bastato per infiammare la fantasia degli abitanti delle isole e anche di qualcuno d’oltre mare.
    Esisteva solo un posto in tutta Khalzjan in cui gli era stato detto che fosse possibile pernottare: il Tentacolo d’Oro. Apparteneva ad una tale Sybelle – Donna Sybelle, come si era premurato di specificare il capitano più volte con uno strano luccichio negli occhi – e a quanto pareva era l’unica persona ad aver pensato a dare un posto ai viaggiatori in arrivo. O forse era stata solo la più veloce.
    Il villaggio si componeva unicamente di una via principale, ai cui lati si sviluppavano i conglomerati abitativi accatastati gli uni sugli altri come scatole di legno senza valore. Il lerciume la faceva da padrone, tanto che era difficile immaginare che qualcuno vivesse volontariamente lì. Gli individui che Ares incontrò erano tutt’altro che raccomandabile: cercatori d’oro infangati fino al midollo e tagliagole che attendevano malcapitati poco attenti agli angoli della strada si mescolavano alla popolazione locale caratterizzata da sguardi truci che facevano decisamente concorrenza alle altre due categorie. Perfino gli accattoni avevano nello sguardo qualcosa di pericoloso, come pronti a balzare alla gola a chi gli si fosse avvicinato troppo.
    Lo sguardo di Ares si posò attentamente su ognuno degli individui che incrociò, ben attento a non provocare in qualsivoglia maniera gli astanti. Inevitabilmente la sua presenza avrebbe probabilmente destato sospetto, non tanto per la sua appartenenza razziale quanto per i suoi averi: il valore in monete d’oro ottenuto dagli abiti che indossava avrebbe facilmente potuto comprare l’intero villaggio probabilmente e più di una mano corse sotto il mantello a stringere una lama, accompagnata da sguardi da cane affamato. Era abituato, tuttavia, inoltre era meglio così: che la gente si concentrasse pure sui suoi abiti, invece che su ciò che nascondevano.
    “Per una volta non saremmo potuti andare in un posticino tranquillo? Chessò, una bella città piena di delizie culinarie, o magari alle terme...” brontolò una vocina da una tasca del mantello, circa all’altezza della vita di Ares. Una testolina luminosa fece capolino e due occhioni poco felici si posarono sullo stregone.
    “Abbiamo un lavoro da fare, lo sai bene” fu la risposta appena sussurrata. Non era necessario che l’attenzione generale si spostasse di già sullo spiritello.
    “No, TU hai un lavoro da fare. IO sono bloccato con te e devo farmelo andare ben-!”
    La mano di Ares spinse la creaturina in fondo alla tasca per farla tacere, una movenza noncurante che sarebbe potuta passare inosservata ai più.
    Nel frattempo aveva raggiunto quello che doveva essere l’edificio più importante della città. No, non la casa del borgomastro, bensì la taverna.
    Il Tentacolo d’Oro era senza ombra di dubbio la costruzione più alta da quelle parti, componendosi di due piani, e sembrava anche realizzata con tecniche di costruzione decisamente migliori rispetto a quelle del resto dell’abitato. L’interno, tuttavia, non era troppo grande, ospitando di fatto appena una decina di tavoli e un grosso bancone, dietro al quale una porta dava accesso a quella che probabilmente era la cucina. Il mobilio era molto modesto, naturalmente, ma solido e più curato di certe bettole della Dominante. Si vedeva che la padrona ci teneva a tenere in piedi la sua attività.
    Al suo ingresso, Ares si diresse direttamente al bancone, una macchia viola e ricami dorati. Degnò appena di uno sguardo i cercatori d’oro accomodati ai due tavoli a sinistra, mentre si soffermò molto più a lungo di sottecchi sui tipi armati di tutto punto alla sua destra. Sembrava quasi che tutti gli avventori si fossero appostati il più vicino possibile all’ingresso per qualche strano motivo, ad eccezione per quattro vecchi intenti a giocare a carte seduti in fondo alla sala sulla destra. Il sesto senso di Ares prese a ronzare pericolosamente, più di quanto non avesse fatto mentre era ancora per strada.
    Il profumo che gli venne incontro dalla cucina fu però sufficiente a farlo rilassare, almeno in apparenza. L’olio usato per la frittura era ottimo e lo stomaco del tiefling approvò entusiasta dopo una breve consultazione con il naso. Su una lavagnetta in ardesia, appesa dietro al bancone, si poteva leggere in una grafia pulita:

    Specialità del giorno:
    ------
    Anelli di calamaro fritto
    Polpette di pesce – lanterna



    Ares si sfregò le mani, accomodandosi ad uno degli sgabelli posti direttamente di fronte al bancone e gettando lo zaino sullo sgabello accanto al proprio. Finalmente del cibo decente invece delle solite gallette e carne stagionata di cui si era ingozzato sul veliero.
    C’era solo un problema: non sembrava esserci alcun personale.
    Tossì in paio di volte, sperando di venir udito da qualcuno, iniziando poi a tamburellare in modo sempre più spazientito le dita sul bancone, guardandosi intorno. Ne approfittò per osservare meglio i cercatori d’oro e gli uomini armati.
    I primi erano ricoperti di fango e parlottavano concitatamente tra di loro, forse discutendo sul prossimo punto da esplorare per trovare il fantomatico metallo prezioso. C’era poco da discutere, probabilmente non ve n’era. I secondi, invece, non parevano intenzionati a fare conversazione, perlomeno non in una lingua che potesse udire o riconoscere in alcun modo: che fossero stati assoldati per tenere d’occhio la taverna?
    Ad ogni modo, qualcosa sembrava non quadrare. Più di una, a ben pensarci. Era strano che dal nulla qualcuno trovasse pepite d’oro in quelle isole che di pepite non ne avevano viste nemmeno quando il Divoratore non si era ancora pappato gran parte del mondo. Era strana l’atmosfera in quella taverna, in quel villaggio, così apparentemente ordinari. Qualcosa si muoveva sotto la superficie, non visto e quasi impercettibile. Era per quello che era lì, dopotutto… lì come in ogni altro posto che visitava.
    Se queste congetture fossero solo frutto della fame e della stanchezza sarebbe stato il Destino a deciderlo, tuttavia.




    ARES
    YLfkQND
    Salute: 32/32
    Mana: 100%
    Energia: Gialla

    Fisico:
    Mente:

    Equipaggiamento:

    - Peacock’s Quills [pugnali da lancio lvl. 3] [8/8]
    - Midnight’s Cloak [mantello magico lvl. 3] [8/8]


    Passive:

    ˟[Pieno effetto offensive ad area + Selezione dei bersagli]
    ˟[Power-up statistico +1 agilità]
    ˟[Passiva di antimalie]
    ˟[Passiva di rilevamento]

    Tecniche:


    Altro:

    .Fase difensiva:

    .Fase offensiva:



    Edited by Alastor Krane - 22/9/2021, 21:30
     
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    SERAS SILK

    ▪ M A N A & S A L U T E:
    Energia: Bianca
    Mana: 100%
    Salute: 32/32

    ▪E Q U I P:
    Mimicloak ; Una cappa, senza alcuna particolarità. O almeno ad una prima occhiata. Di sottile cuoio stinto, ricucito in più punti con un filo grossolano e punti imprecisi, munito di un colletto alto ed un cappuccio, da l'impressione di dover cadere a pezzi da un momento all'altro o sciogliersi con la prima pioggia. In verità nasconde qualcosa di più: il consunto abito è un Mimic, il cui unico scopo è quello di seguire Seras per inghiottire tesori ed oggetti che quest'ultimo gli rifila. In cambio protegge prontamente il proprio padrone, fermando armi ed attacchi. Ha ogni tanto la mania di afferrare cose con la lingua o ricoprirle di una vischiosa bava violacea. E' fondamentalmente innocuo. {Equipaggiamento difensivo_ 8/8}

    Hash'nvardeen'knairgh'malis ; Aka 'quel-fottuto-mimic-apriscatole' o più semplicemente Malis. Un altro mimic al servizio di Seras. Si crede un veterano di guerra e gli piace lamentarsi con gracchiante voce da fastidioso vecchietto quando ne ha la possibilità, e lo Yùner lo porta con sé solo perché padroneggia un'ottima tecnica di trasmutazione. Attualmente si presenta come una spada corta, vecchia ed ossidata in più punti ed all'apparenza forgiata dall'ottone, con un enorme rubino sanguigno fra l'elsa ed il debole della lama. Il taglio della gemma è tale da rassomigliare ad un occhio costantemente aperto e vigile. {Spada ad una mano_ 8/8}


    ▪P A S S I V E:
    - Giustifica Biocinesi
    - Auspex Creature
    - Mimesi
    - Power-up Destrezza +1
    - Movimenti animali

    ▪A T T I V E:
    ///

    ▪R I A S S U N T O:



    Senzanome2_0
    Chi l'aveva portato fino lì era il famigerato Carlo Carcasso, uomo il cui unico divertimento nella vita era quello di tartagliare cavolate una in fila all'altra davanti ad una birra più o meno calda e di pessima qualità. Questo succedeva sempre tranne quando portava la sua vecchia signora per mare. Non ricordava il preciso momento in cui s'incontrarono, forse in una locanda od una tavernaccia, ma quel vecchio lupo di mare gli era piaciuto fin da subito... soprattutto per le sue tasche sempre piene di qualcosa di interessante da prendere in prestito e l'orrendo pappagallo appollaiato sul vecchio cappellaccio e che aveva tinto spalle, braccia e petto del padrone di chiazze di guano grigiastro. Ma Carcasso non ci faceva caso e amava Bebe- Bebeberto il nome completo- al pari di un'appendice qualsiasi del suo corpo. All'inizio aveva pensato che la sua spavalderia riguardo la navigazione fosse null'altro che una spacconeria da anziano ed alticcio uomo di mare e che non possedesse nemmeno più la nave di cui andava vantandosi, ma alla fine si era dovuto ricredere. La Old Lady alla fine esisteva per davvero. E stava persino a galla. Un miracolo, insomma.

    L'unico 'problema' stava nel fatto che Carcasso era completamente cieco, particolare non trascurabile, visto che portava due bende da pirata su entrambi gli occhi. Avevano fatto una scommessa, non ricordava bene. Forse erano stati entrambi troppo tempo seduti a quel dannato tavolo sulla terraferma, a scolare un boccale dopo l'altro di qualcosa di vagamente alcolico e Seras si era ad un certo punto svegliato in mezzo al mare, sulla barca di Carcasso e con quest'ultimo che la 'guidava', in piedi sul cassero girato verso poppa. L'unica cosa che lo Yùner riuscì a dire, prima di venir assalito da uno dei peggiori conati dovuti al mal di mare, fu:

    "Manfu, ci ammazzerai!"

    Carcasso si era limitato ad emettere una profonda e potente risata di pancia, per poi rispondere candidamente:

    "Sarò anche cieco e narcolettico, ma non sono stupido...so come si governa una nave"

    Seras avrebbe voluto urlare a pieni polmoni un 'COSA?!', ma ciò che venne fuori fu solo la cena del giorno prima e forse quella di tutte le sere precedenti, che andarono a confondersi fra le onde e contro i fianchi della nave. Non seppe mai dove si stesse dirigendo il vecchio marinaio, se oltre il bordo del mondo od alla deriva per i mari, e l'intero viaggio fu per lo Yùner una confusa macchia sinestetica, fatta di ubriachezza, nausea, la voce di Bebe in sottofondo che gracchiava spergiuri e indicazioni ed il beccheggio della nave. Quando si riebbe non c'erano più la Old Lady, Carcasso e Bebe, e si trovava semplicemente abbandonato su una riva, a farsi riempire gli stivali di acqua salmastra e sabbia. Che fosse stato tutto un sogno? Se così fosse stato, come c'era finito lì? Carcasso non era un sogno, ma un idiota alticcio con manie di onnipotenza e questo poteva AMPIAMENTE giustificare il fatto di esser stato abbandonato in chissà quale buco di culo sperduto su Atlas.

    Una volta che era tornato malamente in piedi, ringraziando chiunque nel circondario delle divinità per l'integrità del suo corpo, decise che non sarebbe morto lì aspettando di rivedere il folle marinaio ed il suo dannato uccellaccio. Guardandosi attorno non riconobbe assolutamente nulla, ma fu grato di percepire in lontananza quelli che potevano essere solo altri viventi come lui. A circa una ventina di metri dalla spiaggia, accucciati ai margini di essa, fra qualche basso arbusto di ginestra, vi erano un paio di ragazzetti cenciosi che si divertivano a punzecchiare con lunghi e secchi ramoscelli la carcassa di un animale. Sollevò di poco il colletto del mantello, nascondendo il più possibile la bocca irta di denti di squalo e provò a chiedere al mucchietto di carni e stracci dove fosse e come si giungesse da qualche parte. Questi dapprima lo fissarono interdetti, come avvoltoi che vengono disturbati durante l'esplorazione di un cadavere, e successivamente presero a parlottare fra di loro in un dialetto incomprensibile, che per quanto Seras si sforzasse di capire doveva ammettere di essere un pessimo linguista. D'improvviso uno dei ragazzetti si alzò in piedi, fronteggiando lo Yùner e cercando di parlargli nella strana lingua isolana, ma comprendendo alla fine che lo straniero non lo capiva- vista l'espressione da criceto sconcertato- indicò semplicemente una strada che si perdeva nel folto della pineta poco lontana. Seras rimase immobile, fissando poco convinto il sentiero appena indicatogli, fino a quando il ragazzetto ancora in piedi non lo spinse, cercando di far smuovere lo straniero cornuto a suon di manate e versi scimmieschi nella sua lingua.

    "Va bene, ci vado!" sbottò scocciato Seras, cercando di levarsi di dosso quelle fastidiose manacce.

    La strada che percorse non fu così terribile come si aspettava, soprattutto dopo il viaggio intrapreso sulla Old Lady, e che lo portò a ridosso di un villaggetto. Era qualcosa di piccolo e poco definito in cui riuscì a trovare alcuni uomini che si stavano dirigendo nell'entroterra, alla ricerca di quello che dicevano esser diventato il fiume più famoso di tutto l'arcipelago. 'Oro', avevano detto, 'abbastanza oro da foderarci le budella'. Era stato al gioco, non credendo ad una sola parola che usciva da quelle ignoranti bocche, ma aveva bisogno del passaggio che gli stavano offrendo. Il viaggio verso Khalzjan- un nome, un programma- era stato per lo più tranquillo e la cittadina l'aveva accolto con un afrore tale da ricordargli quanto quel viaggio fosse stato una cagata fin dal principio; ma aveva stretto i denti, ignorato il tanfo di morte e trovato rifugio e ristoro presso il Tentacolo d'Oro, una modesta locanda in cui poteva crogiolarsi fra i tavoli della bisca, le tette delle cameriere ed i riccioli di fumo bluastro del tabacco. Quanto era passato da ché era lì? Settimane? Mesi? Anni? Forse solo un paio di giorni e la routine aveva cominciato a scalzare la pietra della sua pazienza. L'indomani, forse, sarebbe ripartito per tornare sulla terraferma. A Dahlgur aveva pur sempre i suoi affari e la sua casa. Sì, sarebbe ripartito.

    "Fai il bravo, Manny, o rischi che ti buttino fuori" rise Seras, mentre saliva le scale per tornare alla locanda, legandosi in cintura la vincita di quella giornata. Manny, dietro di lui ed ancora seduto al tavolo da gioco, gli stava ruggendo contro ogni tipo di improperio e colorita bestemmia, battendo i pugni sul legno del tavolo che vibrò e scricchiolò pericolosamente.

    "Ti auguro scoppi un femore anche a te!" lo apostrofò il ladro con una nota ilare nella voce, mentre si richiudeva alle spalle la porta.

    La sala in cui entrò era sempre uguale. Stessi tavoli, stesse facce... o almeno le solite facce che pendevano dalle cinture e che scintillavano. Si accomodò tranquillamente ad uno dei tavoli vuoti, posò noncurante gli stivali sul tavolaccio e prese a dondolarsi mentre contava monete e gingilli racimolati, la coda che ondeggiava fra le gambe della sedia come quelle di un gatto fino a quando una delle cameriere non fosse giunta ad intimargli di mettere i piedi a terra. Se fosse stato abbastanza veloce avrebbe potuto anche agguantarla. Un paio di colpi di tosse lo distrassero dai suoi pensieri. Qualcuno che stava male? Non sarebbe stato il primo e nemmeno l'ultimo visto il posto in cui si trovavano, ma quando sollevò lo sguardo e gli occhi gialli si posarono su un paio di corna ed una malsana pelle dal colorito violaceo, un brivido gli corse sotto la pelle come una certezza che buca il velo dell'insicurezza. Un altro Yùner. Singolare.

     
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    il segno degli abissi - parte prima


    Tu non sei come gli altri, Riven. Io ne ho conosciuti alcuni; lo so. Quando parlo, tu mi guardi negli occhi. Quando la scorsa notte ho detto qualcosa sulla Luna, tu hai guardato la Luna. Gli altri non lo farebbero. L'anziana donna ride. Lei, che è perfino più vecchia delle mura sulle quali stanno godendo della fresca brezza che il mare porta con sé, è riuscita a comprendere prima di chiunque cosa lui desiderasse nel profondo. Catherine Wordsworth è sempre stata una persona molto accorta, la melodia che percepisce ogni volta che passeggia al suo fianco accarezza il suo corpo con la dolcezza di una madre. È stata la prima, tra coloro che poi sono diventati la sua famiglia, di cui si sia fidato. Gli esseri umani del resto possono fingere e mentire ma - come ogni altra cosa che esiste - non possono camuffare o alterare il Ritmo che risuona attraverso la loro carne, le loro ossa, i loro cuori. Lei non una volta lo ha ingannato. Riven le rivela di avere intenzione di partire; che vuole vedere e sentire tutto ciò che il mondo ha da offrire, che c'è qualcosa di immenso che lo sta aspettando là fuori. Catherine, la fondatrice della casata dei Wordsworth, continua a osservare le onde ingrossarsi, galoppare e schiantarsi contro la scogliera. Le porte di questo palazzo - di casa tua - saranno sempre aperte, gli risponde, ed anche se non ci sarò più sono certa che continuerai ad udire la mia voce. La donna sorride; voglio che tu faccia quel che ti rende felice, se desideri partire io appoggerò la tua scelta. La sua prima menzogna, e le rughe che si increspano intorno gli occhi e agli angoli della bocca non nascondono la verità.
    « Cammina a testa alta ragazzo, » gli ordina il giorno della sua partenza « e ricorda sempre il valore delle parole ».

    Vi è un Dio. Un Dio osceno e ridicolo, eppure immensamente saggio. Il Dio che nessuno avrebbe voluto, quello che gli uomini non riuscirebbero mai ad amare. Oscurità e buio, perennemente rinchiuso in una stanza priva di porte e i cui confini sono così lontani da poter persino escludere la loro esistenza. Prigioniero, nonostante la propria infinita potenza. Non vi sono molte persone che crederebbero ad una storia simile. Riven l'ha incontrato durante una notte da ricordare, lui o quantomeno una sua forma materiale. I suoi occhi grigi e terribili, il Ritmo che sollevandosi dalle profondità del mondo echeggiava fortemente e profondamente quando proferiva parola: aveva un qualcosa dentro, un qualcosa di tanto sbagliato ed affascinante da scatenare inevitabilmente la curiosità del giovane Hederato. Una gemma che fino a quel momento non esisteva, brillante di migliaia di colori differenti, più preziosa di qualsiasi altra perché unica nel suo genere, gli è stata piantata nel petto ed ancorata alla Cuorgemma in maniera irreversibile. Un catalizzatore per un mondo diverso, per un mondo nuovo ── così gli aveva detto Nepomuceno, il Dio prigioniero.

    Accompagnato dal piccolo slime creato servendosi dell'Alchimia e di parte infinitesimale di quel potere divino, Echo legata alla cintola che come una piccola cassa di risonanza riproduce perfettamente il Ritmo di tutto ciò che tocca, Riven comincia a viaggiare per l'arcipelago del Rohs Sirras facendosi guidare dagli stimoli che trova più intriganti.
    Il suo viaggio senza meta continua per poche settimane, finché non percepisce una melodia unicamente familiare. « Nepomuceno -- » sussurra, perché nessuno anche casualmente possa udire il nome segreto « è passato di qui », la spada e lo speciale metallo con cui è stata realizzata confermano quanto ha sentito. Un ammasso disordinato di case e palafitte costruite ai margini di una palude, ben distanti da qualsiasi altro centro abitato. « Khalzjan » legge su di un vecchio cartello, quasi marcito del tutto a causa dell'umidità della zona. Cammina piano per le stradine del posto, acuendo i sensi al limite nel tentativo di trovare qualsiasi indizio possa condurlo al di là di quel che vede. Gli scarponi in pelliccia si sporcano di fango, come pure tutto il resto - pantaloni e giacca in cuoio nero, camicia bianca di lino. Un peccato: quei vestiti gli erano stati regalati dai suoi genitori prima di partire, e lavarli è molto noioso. Il piccolo Naav, al riparo nella sua ampolla di cristallo, vibra forte - ché è il suo modo di mostrare quanto qualcosa lo diverta: non è in grado di comunicare, non ancora almeno. Gli unici che riuscirebbero a comprendere ciò che vuole trasmettere sono gli Hederati, ascoltando la melodia che produce ché ogni suono corrisponde ad un'emozione.
    Dopo aver passeggiato qualche altro minuto, decide di entrare in una stamberga malandata - il nome è "Tentacolo d'oro"; è lì che percepisce trovarsi la maggior parte delle persone in Khalzjan. Una volta dentro, scorge una decina di persone sedute intorno a quattro tavoli: nessuna di loro pare essere però meritevole di attenzione.

    Qualche colpo di tosse ed un incessante tamburellio di dita, qualcuno al bancone sembra impaziente. Normalmente l'Ascoltatore non avrebbe dato importanza a qualcosa di tanto irrilevante, ma il Ritmo che sente quando osserva la sua figura è differente dagli altri, eccitante come ballare sotto la pioggia durante una notte d'estate. « Perché non lasci che questa volta offra io? » domanda al (probabilmente) tiefling, prendendo posto nella sedia a fianco alla sua - Naav che levitando si appoggia anch'esso sul bancone « Il mio nome è Riven Wordsworth, il valore delle parole » tira fuori un paio di monete dal suo borsello e le poggia di fronte a sé « Hai voglia di qualcosa in particolare? ». Si preoccupa quindi di scegliere anche lui cosa ordinare; i capelli bianchi scivolano sulle spalle, e le pupille blu come il metallo della spada che ha con sé si muovono da un lato all'altro dell'occhio mentre legge il menù. Non ha prestato particolare attenzione alla sua forma usando la solita - il corpo non troppo muscoloso e la pelle bianca e pulita.

    Manca in scheda la descrizione dell'ampolla/pet che segue Riven, Naav: l'immagine è questa qui.
    Posterò lo schema riassuntivo completo a partire dal prossimo turno, di seguito le passive.

    Abilità passive:
    abilità passiva di caratterizzazione | lettura delle emozioni | 1 slot
    abilità passiva di caratterizzazione | antimalia | 1 slot (razziale)
    abilità passive di caratterizzazione | auspex: ambiente e creature | 2 slot
    abilità passiva di caratterizzazione | percezione approfondita dei ritmi | 1 slot (razziale)
    abilità passiva di potenziamento delle statistiche | +1 a costituzione (difensiva) | 4 slot
    abilità passiva di caratterizzazione | auspex: pericolo | 1 slot
    abilità passiva di caratterizzazione | Naav come punto extra di casting | 1 slot


    Edited by Neéro - 24/9/2021, 23:53
     
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    Il colpo di tosse, per certi versi, funziona.
    Nessuna delle cameriere si fa viva, ma un topastro dall'aria simpatica, con i baffi impomatati e tirati in su e un vistoso cappello piumato, compare sul bancone accorrendo alla chiamata. Ha indosso una livrea rossa bordata da un laticlavio di un bianco sbiadito; il suo pelo è grigio, quasi nero, tranne per una macchia bianca perfettamente romboidale intorno all'occhio sinistro, che tiene socchiuso. L'occhio destro invece è ben vigile, guizza d'intelligenza e furbizia, di un bel rosso lucido.
    Il topastro è molto piccolo - non arriva ai quindici centimetri, compresa la coda. La sua conoscenza delle buone maniere, che dimostra subito togliendosi il cappello e inchinandosi, viene solo parzialmente mitigata dalla difficoltà nell'esprimersi utilizzando la lingua comune.
    «Benenuti, andantivi. Cosa potessi fare per voi?»
    Quasi non fa in tempo a completare la domanda che un rombo copre le sue parole, le pareti della locanda iniziano a tremare all'unisono con il pavimento di assi di legno inchiodate al suolo; sembrerebbe un terremoto, ma dura appena un'istante e - in lontananza - udite un boato simile a un'esplosione.
    Una folata di vento spalanca le finestre, tutte le candele e le torce si spengono nel medesimo istante gettando la sala nell'oscurità.
    Bestemmiando quindici diverse divinità in sei differenti lingue - e così dimostrando di essere un vero topo di mondo, il topastro scompare sotto il bancone e poco dopo un giovanotto con i baffi a manubrio compare con in mano una torcia.
    L'atmosfera nella sala non è delle più liete: i cercatori d'oro hanno smesso di parlare e bere, si guardano l'un l'altro indecisi sul da farsi. I viaggiatori tengono d'occhio i tagliagole, quasi si aspettassero di venire attaccati da un momento all'altro; i tagliagole, dal canto loro, non distolgono lo sguardo dalla porta - unica via d'uscita in caso di necessità. Deformazione professionale, la loro.
    Mentre il giovanotto dai baffi a manubrio si precipita a riaccendere le torce e le candele disseminate per la locanda, un velo scuro sembra cadere su tutti i presenti, insieme con l'orripilante sensazione che qualcosa di orribile stia per accadere - o sia già accaduto.
    In breve, la situazione viene riportata alla normalità, e il topastro è di nuovo sul bancone e - di nuovo - con tutta la cortesia di cui è capace vi chiede cosa può offrirvi in questa buia e fredda serata delle paludi.
    Voi, però, sapete che non c'è davvero più nulla di normale.
    Ora ne avete la certezza.


    Eccoci qua! Come promesso, un post ogni 7-10 giorni.
    Gli avvenimenti sono già descritti nel post, per cui non intendo dilungarmi. Abbiamo la sezione di supporto (o discord) per tutte le domande del caso.
    Unica indicazione per questo turno (e per tutti quelli a seguire), valida per tutti i partecipanti:
    Tutte le abilità di percezione (passive e attive) sono parzialmente inibite; ovvero: da qui in poi tutte le passive di percezione e gli auspex avranno comunque effetto e saranno prese in considerazione, ma ogni percezione diventerà confusa e quindi di difficile lettura. Per fare un esempio: chi ha facoltà di riconoscere la presenza di 'creature oscure' sentirà la presenza (anche piuttosto incombente) ma si fermerà a questa generica percezione senza riuscire a ricavare maggiori informazioni o a ottenere maggiore precisione sulla collocazione o l'identità di questa presenza. Lo stesso dicasi con passive di auspex e similari, e in generale per le abilità di percezione.
    Si tratta di un malus temporaneo, chiaramente.

    Beh, ragazzi, tocca a voi.
    Se volete accordarvi per scambi di battute con i png possiamo farlo nel topic di supporto; per il resto, agite come meglio credete.
    Ci tengo a ricordare ai gentili lettori che è possibile inserirsi nell'avventura anche a giocata in corso. Non siate timidi.


    Edited by Apocryphe - 2/10/2021, 17:06
     
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    2000 anni. Erano ormai passati circa 2000 anni dalla morte del Signore. 2000 anni in cui molti non gli aveva dato retta. Così a volte Oriel si ritrovava a chiedersi se ciò fosse colpa sua o colpa della gente. Forse non riusciva ad avere il giusto impatto su di loro o forse la corruzione nel cuore degli Atlassiani era così tanta da non permettergli di capire l'importanza del messaggio che portava. Perlomeno però il Signore non era stato dimenticato e poteva ancora contare su qualche fedele seppur fossero davvero pochi. Pochi ma buoni e animati da un fede genuinamente sentita. Ma loro non avrebbero potuto affrontare il Divoratore o sarebbe stata solo un altra carneficina. Per affrontare una tale impresa purtroppo non sarebbe bastata solo la buona volontà, servivano le persone giuste, dei veri eroi. Fosse stato per lui avrebbe affrontato anche da solo il Divoratore ma se questo fosse stato possibile il Signore gliel'avrebbe lasciato fare quell'infausto giorno di moltisimo tempo fa. Se questo non era accaduto però voleva dire che in quel modo anche lui sarebbe solo divenuta l'ennesima vittima di quella bestia oscura. Nonostante qualche attimo di debolezza però il paladino del Signore non avrebbe vacillato, doveva essere paziente e continuare a cercare, continuare a dire che potesse esserci una speranza, e non importava quanto ci sarebbe voluto. Finchè il mondo non fosse definitivamente finito quello e combattere il male, in qualunque forma esso si trovasse, sarebbero stati i suoi principali doveri. Il motivo per cui viveva. Così nel suo peregrinare senza una meta e una fissa dimora lui ed il suo fidato Ruah si erano ritrovati a sorvolare il mare. Intere distese blu di acqua salmastra si perdevano a vista d'occhio sotto di loro, con il vento che sferzava contro il viso smuovendogli i chiari capelli biondi così come faceva con i crini dello stallone che lo portava sul suo dorso. Era ormai il tramonto quando il Nevaeh atterrò sulla spiaggia di una sperduta isola dell'arcipelago di Rohs Sirrah sotto lo sguardo perplesso di qualche marinaio di ritorno a casa. Visto che iniziava a farsi buio sarebbe stato meglio trovare un luogo in cui sostare per la notte. Così lasciarono quella sponda sabbiosa per addentrarsi al passo in una foresta vicina. Il cammino sembrava essere tranquillo e quando iniziò a farsi troppo buio l'angelo prese entrambe le redini con una mano e accese una fiamma sul suo palmo sinistro in modo da poter illuminare la via. Quella quiete, forse fin troppa, però non durò a lungo quando scoppiò un potente boato che smosse il terreno e gli alberi circostanti facendo fare un piccolo scarto a Ruah che alzò di colpo la testa con le orecchie ben diritte verso un punto preciso. Il paladino rimase impeccabilmente in sella con ancora le redini ben strette in pugno voltò anchegli la testa nella direzione in cui stava guardando il suo fidato compagno da cui era indubbiamente provenuto quel sospetto e minaccioso rumore. Allora con decisione spronò il cavallo facendolo partire al galoppo per andare subito ad indagare sulla questione ed assicurarsi che nessuno fosse in pericolo. Veloci come il vento sfrecciarono tra la vegetazione dell'isola sorpassando una zona più paludosa, saltarono agilmente un vecchio tronco caduto che gli bloccava la strada e infine giunsero in un piccolo umile villaggio. Poteva sentirlo. Da quelle parti aleggiava qualcosa di oscuro ma il fatto che non fosse chiaro da chi o cosa ciò fosse dovuto poteva soltanto far aumentare i suoi cattivi presentimenti. Oriel così si fermò dinnanzi ad un edificio con le finestre spalancate e le luci spente, al suo interno percepiva la presenza di diverse persone non esenti da quel sentore di male e pericolo. Doveva essere una locanda, "Il tentacolo d'oro" si chiamava, così dopo avergli rifilato una veloce occhiata non perse altro tempo e smontò agilmente di sella. Ruah lo fissava attentamente come in attesa di ordini. "Resta qui e fa attenzione." Sussurrò quindi al suo candido destriero per poi avvicinarsi cautamente all'edificio ed aprirne piano la porta prima di riportarla vicino all'elsa della sua spada, infoderata al suo fianco destro, mentre la fiamma continuava ad ardere ancora accesa sul palmo sinistro. Pronto a tutto oltrepassò la soglia dell'ingresso e facendosi luce al suo interno scorse diverse persone tra cui alcuni individui piuttosto appariscenti. "Cos'è successo? State tutti bene?" Chiese rivolto ai presenti con un tono serio ma allo stesso tempo preoccupato per la loro incolumità. Le luci nella locanda vennero presto riaccese e, nonostante qualche sguardo, le cose sembrarono tornare alla normalità portando il paladino a spegnere la sua fiamma. Ad ogni modo nessuno rispose alla sua domanda su cosa fosse accaduto nell'edificio ne se stessero effettivamente bene. L'unico che aprì bocca nei suoi confronti fu uno degli avventori più particolari. Ora che poteva vederlo meglio doveva essere un Tiefling. Sentendo quella che sembrava essere una battuta non poi così educata l'angelo inarcò interdetto un sopracciglio. "E questa come ti è venuta in mente?" Chiese leggermente perplesso e un pò infastidito dalla scurrilità insita in quella frase sentendosi rispondere che tale affermazione gli fosse uscita d'istinto con tanto di sorrisetto canzonatorio. "Ad ogni modo ovviamente no. Sono Sir Oriel, solo un umile paladino del Signore." Si presentò quindi con un educazione degna di un nobile dato che il cornuto violaceo a suo modo gli aveva chiesto chi fosse.

    "A quanto pare." Commentò serio dando ragione al tiefling dopo aver ridato una veloce occhiata ai dintorni. Quel luogo sembrava essere stato abbandonato da ogni divinità esistente.

    "Oh, non saprei, rimarrei volentieri e ti ringrazio per la gentilezza ma devo assicurarmi che quell'esplosione non abbia fatto del male a nessuno. Ne che sia stata causata da qualche malintenzionato." Rispose gentilmente all'Hederato che a quanto pareva voleva offrire la cena a lui e al Tiefling seduto al suo fianco. Tuttavia notando la situazione in cui si trovava l'altro individuo munito di corna dell'edificio, per quanto ne sapesse lui forse un altro Tiefling, l'alato si chiuse la porta alle spalle e si addentrò nel locale. "Spero per voi che non vogliate iniziare una rissa o peggio solo per questo. Sono sicuro sia stato solo un incidente, vero?" Affermò poi con un tono serio e diplomatico rivolto ai tagliagole una volta che si fu messo in mezzo tra loro e la Yùner che stava rischiando di mettersi nei guai. Guai che Oriel sperava potessero risparmiarsi entrambi cercando implicitamente il suo appoggio. "Credo faresti meglio a scusarti." Consigliò poi a bassa voce girando appena il viso verso Seras.

    "Se la metti così non posso di certo dire di no. Come potrei non essere generoso?" Affermò con tanto di domanda retorica sentendo le parole di Seras. Non era scemo. Era chiaramente stato incastrato. Ma questo non poteva significare venire meno ai suoi valori e principi. Non era neanche certo che Seras avesse bisogno del suo aiuto e anche i suoi ringraziamenti, prima di filarsela dai due al bancone, non sembrarono del tutto convincenti. Oriel chiuse un attimo gli occhi e sospirò con aria paziente. Doveva esere questo che succedeva quando ci si immischiava negli affari di creature imperfette. Sopratutto se munite di corna."Chiudiamo un occhio su questa sciochezza e mangiamoci sopra, che ne dite? Dunque signori cosa volete ordinare?" Si rivolse quindi nuovamente ai tagliagole con fare amichevole e pacifico sperando che l'idea di un pasto a sue spese potesse quietare loro possibili cattive intenzioni. "Solo un attimo, torno subito, lo giuro. Gli angeli dicono sempre la verità." Aggiunse poco dopo con fare onorevole arrivando perfino a portarsi un pugno sul petto quando affermò che la menzogna non facesse parte della sua natura. Uscito fuori dalla locanda trovò il lungo muso di Ruah ad osservarlo tra l'impensierito e l'interrogativo. "Amico mio, temo che dovrò rimanere qui per un pò, trova la fonte dell'esplosione e torna subito ad avvertirmi se è qualcosa di grave. Chiaro?" Gli spiegò Oriel avvicinandoglisi e ricevendo un annuimento come risposta. Il Nevaeh, decisamente più intelligente di un qualunque animale comune, aveva capito alla perfezione le parole del suo cavaliere. "Ottimo. Conto su di te, fa attenzione." Affermò l'angelo con un sorriso facendogli una carezza sul muso. Il destriero emise un piccolo nitrito e poi spiccò il volo determinato a fare al meglio il suo dovere. "Come promesso rieccomi qui." Esclamò rivolto ai suoi nuovi "amici" non appena fu rientrato nel Tentacolo D'Oro. "Quindi ditemi, cosa vi ha spinto a diventare dei delinquenti? Sapete se soltanto voleste potreste essere persone migliori." Chiese spassionatamente ai tagliagole prendendosi la libertà di sedersi lì al tavolo con loro. Tuttavia uno di loro non prese per niente bene il venir definito delinquente. "Perchè... non lo siete?" Disse Oriel sconcertato per poi subire in silenzio le sue parole risentite. Questo era strano? Possibile che avesse sbagliato? Beh, non era da escludere visto quanto la sua percezione del bene e del male risultasse malfunzionante. Le cose sembravano star per prendere una brutta piega per l'angelo quando, prima che potesse almeno tentare di scusarsi, l'altro tagliagole fermò il compagno dicendo che loro fossero lì proprio per divenire persone migliori. "Sul serio?" Esclamò sorpreso per poi voltarsi verso quell'uomo scrutandolo come a voler capire se fosse sincero o fosse solo l'ennesima persona che finiva per prenderlo in giro. Nel mentre la porta del locale si aprì nuovamente spingendo Oriel a portare il suo sguardo verso di essa vedendo così entrare una donna scortata da diverse guardie. Sembrava essere una persona importante. Che quella non sarebbe stata una serata tranquilla però ne ebbero la conferma quando un grido breve ma agghiaciante giunse alle orecchie di tutti i presenti. "Lo sapevo." Affermò tra se e se il paladino facendosi serio. Al solo sentirlo i tagliagola scattarono subito in piedi per catapultarsi fuori dalla locanda seguiti dal paladino, i viaggiatori e un paio di guardie dell'ultima arrivata. D'altronde quella orribile sensazione non se n'era mai andata.


    Energia: Bianca.
    Salute: Illeso. 32/32
    Stato Energetico: 100%

    Equipaggiamento:
    - Spada Sacra [Arma Livello I] - [8/8]
    - Armatura Angelica [Armatura Livello I] - [8/8]

    Passive:
    Cavallo da Guerra: Nessun cavaliere sarebbe davvero tale senza il suo fidato destriero. In ogni situazione Oriel può contare sull'aiuto del suo stallone celeste Ruah. Il loro legame è così profondo che gli basta pensare di richiamarlo per farlo tornare prontamente da lui.
    [Abilità Passiva di Giustifica: Famiglio][4 Slot]

    Purezza celeste: Come tutti gli angeli il suo corpo non può ammalarsi e non è soggetto allo scorrere del tempo rimanendo eternamente giovane.
    [Abilità Passiva][Caratterizzazione: Immunità a malattie e vecchiaia][1 Slot (Razziale)]

    Ali d'angelo: Oriel possiede quattro ali piumate che gli permettono di volare abilmente e con rapidità. Se danneggiate volerà con più fatica a seconda dei danni.
    [Abilità Passiva][Caratterizzazione: Volo][1 Slot]

    Guarigione: Il potere del Signore che risiede dentro di lui gli ha donato poteri curativi. Imponendo le sue mani queste si illuminano curando le ferite proprie o altrui. Più quest'ultime sono gravi e più richiedono concentrazione ed energia da parte sua.
    [Abilità Passiva di Giustifica][Macrogruppo: Fisico+Magico][Abilità di Guarigione][1 Slot]

    Giudizio: In quanto angelo può percepire e valutare con certezza se l'animo delle creature nei suoi dintorni sia benigno o maligno.
    [Abilità Passiva di Supporto][Macrogruppo: Mentale][Caratterizzazione: Auspex Creature][1 Slot]

    Attive:
    Fiamme imperiture: E' in grado di generare e controllare fuoco divino dalle mani oppure incanalarlo nella sua spada rendendola infuocata per attaccare e/o purificare dal male esseri viventi, oggetti o l'area a lui circostante. Questo fuoco è innocuo per i pentiti e i puri di cuore, risultando una lieve e piacevole sensazione di calore, mentre è insopportabile e sempre più bruciante, nel corpo e nell'anima, degli impenitenti e dei malvagi causandogli bruciature e tormento. Inoltre non essendo del fuoco comune è impossibile da spegnere in maniera convenzionale e questo sarebbe possibile solo a causa della volontà dell'arcangelo.
    [Abilità Attive][Macrogruppo: Magico][Costo: Variabile][Ad Area][1 Slot]

    Riassunto:
    - Uso fiamme imperiture a costo scenico per illuminare la via e l'interno della locanda.



    Edited by -Bard- - 1/10/2021, 01:01
     
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    Un brivido corse lungo la schiena dello stregone: c’era decisamente qualcosa che non andava.
    I suoi occhi scorsero lungo le pareti in legno, le cornici del sottotetto. Lo scricchiolio delle assi gli sembrò per un attimo più intenso mentre il cuore prese a pompare più velocemente. Più i suoi occhi vagavano meno la sensazione accennava a scomparire, finché non si fu parzialmente voltato: ad uno dei tavoli liberi, a poca distanza da lui, lo accolsero le corna e l'inconfondibile ghigno di un tiefling. O una tiefling, non l’avrebbe saputo dire solo dai lineamenti troppo androgini. La strana sensazione cessò d’improvviso, lasciandolo solo disorientato a fissare il saluto canzonatorio del suo simile.
    Ammiccò con aria furba, tornando a voltarsi velocemente al bancone. Era quella la causa dell’inquietante sensazione che aveva provato fin da quando era arrivato? Se così fosse, le possibilità che il suo lavoro fosse già iniziato erano più che buone. Eppure il brivido appena avuto gli diceva qualcos’altro: si era sentito più incuriosito che spaventato, a differenza di ciò che gli comunicava l’ambiente.
    Le sorprese, tuttavia, non sembrarono essere finite lì.
    Uno straniero dai capelli nivei si era seduto sullo sgabello accanto a lui mentre era impegnato altrove, facendogli quasi prendere un colpo. Affermò di chiamarsi Riven Wordsworth – un cognome piuttosto peculiare, che portò Ares a fissarlo con sospetto.
    “Divoratore puttana!”, la colorita espressione fu di certo udibile da tutti i presenti. Chi era quello lì adesso? “Ci conosciamo già?”, domandò cauto, “Ti devo dei soldi?”, indagò poi subito, socchiudendo gli occhi con fare sospettoso, mentre un discreto movimento della mano destra fece comparire un pugnale dalla manica del mantello. Vi era la remota possibilità che avesse barato a qualche gioco di carte, ogni tanto, ma non pensava qualcuno sarebbe mai riuscito a mettergli alle calcagna qualcuno. Eppure quel momento sembrò essere appena arrivato con le sembianze di quello straniero.
    Ulteriori risposte furono però impossibili, dal momento che un Galzani con le sembianze di un topo comparve anch'egli dal nulla, offrendo i suoi servigi ad entrambi.
    Fu in quel momento che l’intera locanda – e probabilmente tutto il villaggio – fu scossa da un tremendo boato.
    Il rombo, l'esplosione e il trambusto che ne seguì lasciarono il tiefling aggrappato al bancone come un gatto che cerca di non cadere dalla sponda del letto, con l'aggiunta di un paio di bestemmie per buona misura. La sensazione che vi fosse qualcosa di sbagliato si fece sempre più intensa, nonostante non riuscisse a capire che cosa di preciso. A parte, in senso letterale, gli avventori caduti dalle sedie e frastornati ovviamente.
    Anche il topo bestemmiò per quasi tutta la durata dell’avvenimento, facendosi poi accompagnare da un giovanotto a riaccendere le torce subito dopo. A giudicare da questa reazione istintiva forse non era la prima volta che una cosa del genere accadeva.
    Ares approfittò del momento di confusione per lanciare un’occhiata prima a Riven e poi alla tiefling seduta al tavolo… che ora era in piedi ridendo sguaiatamente in direzione dei tagliagole.
    No, nessuno dei due sembrava avere nulla a che fare con la questione… perlomeno nulla che gli fosse balzato all’occhio.
    Ciò che attirò la sua attenzione non appena le torce furono riaccese, invece, fu il nuovo individuo in piedi poco oltre l’ingresso: capello biondo quasi bianco, fisico slanciato coperto da una vistosa armatura. Un cavaliere di qualche ordine, si sarebbe detto. Con voce sicura e un tono fin troppo pomposo per il luogo in cui si trovavano domandò se tutti stessero bene.
    Ares non capì cosa sperasse di ottenere con un atteggiamento simile in un posto come quello, ma era assurdo che anche a lui non sembrasse fuori luogo. Insomma, uno straniero che semplicemente balzava nel primo edificio che vedeva per preoccuparsi dell’incolumità dei suoi occupanti?
    Lo sguardo che Ares gli lanciò fu, se possibile, anche più carico di scetticismo di quanto non lo fosse quello che aveva lanciato a Riven poc’anzi.
    “E tu chi cazzo sei, la fata madrina???” domandò con un ghigno provocatorio stampato in volto.
    La reazione dell’altro fu decisamente laconica, tuttavia, forse più preoccupato a non iniziare una rissa che a difendere la propria dignità. Si presentò come Oriel, il “Paladino del Signore”. Oh cielo.
    Ares dovette trattenersi dallo sbuffare: erano talmente tanti i paladini di una qualche causa in quel mondo da potervi riempire intere enciclopedie. Ed ognuno di loro credeva di essere il prescelto per salvare il mondo dal Male o assurdità del genere. Di solito si trattava di individui considerati alla stregua di pazzi, che passavano le giornate a cercare di ampliare le schiere del proprio Credo promettendo la via migliore per la salvezza dell’anima. Adorabili, bisognava ammetterlo. D’altro canto, credere di riuscire a salvare l’anima di qualcuno e portarla oltre la morte in un regno di luce e prosperità eterna era pura ingenuità.
    “Accomodati pure, patatino del Signore. Ne servono proprio, qui, da quel che vedo!” disse quindi lo stregone voltandosi poi di nuovo verso Riven, ignorando così deliberatamente tutto ciò che sarebbe accaduto di lì in avanti alle sue spalle. Una questione ben più importante occupava la sua mente, infatti: doveva fidarsi dello straniero oppure no? Alla fine decise che valeva la pena tentare la sorte. Dopotutto voleva solo offrirgli da mangiare. Accettò quindi l’invito, rilassandosi mentre la situazione sembrava tornare alla normalità. Si trattava però di una normalità tutt'altro che reale e tutti lì dentro sembravano percepirlo.
    Era intento a seguire distrattamente ciò che stava avvenendo alle sue spalle: il nuovo arrivato sembrava essersi intromesso fra la tiefling e i tagliagole e, sebbene la situazione fosse sul punto di degenerare, la sua simile fuggì dalla situazione con una prontezza invidiabile. Doveva essere abituata, senza dubbio.
    Con sua sorpresa la tiefling si sedette anch’ella al bancone, rendendo nota la propria presenza con voce squillante.
    “Quindi, ché se magna?” fu l’impertinente auto-invito della straniera. Chissà perché quella sera tutti sembravano voler avere a che fare con lui? Di solito era lui a correre dietro alle persone – sia per avere informazioni che per altri motivi – e raramente era il contrario. Ma chi era lui per negarsi della compagnia per una bevuta e una mangiata in un momento simile?
    Riven si dimostrò essere estremamente generoso, includendo anche la tiefling nell’invito a cena: di certo non gli mancava la signorilità. Ne approfittò anche per domandar loro come mai si trovassero da quelle parti, ma per alcuni secondi Ares si lasciò distrarre dal resto degli avvenimenti nella locanda. La discussione fra il cavaliere e i tagliagole, infatti, proseguiva alle sue spalle accendendo nel tiefling un barlume di interesse. Ma faceva sul serio a chiedere a dei malviventi se volessero redimersi? Un bel coraggio, non c’era che dire… o forse era solo stupidità.
    La tiefling trovò divertente la sua domanda, evidentemente.
    “Certo ed è pronto a tirar fuori le sue pergamene e mostrarci come si arriva più velocemente nelle grazie del suo Signore... anche se non credo siano le stesse 'grazie’' a cui aspiro io.” commentò maliziosamente. “Comunque, io sono Seras.”, si presentò senza troppo indugio.
    Accordatisi tutti e tre per vino e polpette, Riven domandò cosa ci facessero in un posto tanto sperduto.
    “Un viaggio per conto dell'Accademia. A volte bisogna spingersi lontano per amor della conoscenza.” si limitò a dire, laconico. Non vi era bisogno che sapesse il vero motivo della sua presenza lì… non subito perlomeno. “E tu, invece? Come mai qui e come mai così interessato ad un paio di viaggiatori del tutto casuali?” chiese di rimando, sinceramente interessato.
    Ancora una volta il topo che li serviva si intromise, invitandoli a sedersi ad un tavolo. Senza farselo ripetere due volte e pregustando allegramente la cena Ares si avviò, scegliendo il tavolo più vicino a loro e accomodandosi insieme agli altri.
    “Ah ma dove ho lasciato le buone maniere? Dovete perdonarmi, è da parecchio che non incontro gente. Potete chiamarmi Ares.”, si presentò quindi pochi istanti prima che arrivassero le pietanze. La graziosa e prosperosa cameriera che li servì attrasse immediatamente l’occhio dello stregone, che le lanciò uno sguardo intenso. “Mia cara, voi siete decisamente troppo graziosa per servire ai tavoli per tutta la sera. Vi andrebbe invece di fermarvi qui in buona compagnia?” domandò con un sorriso provocante, una promessa d'argento che luccicò per un inconfondibile momento tra le sue dita.
    Non udì veramente ciò che Seras ebbe da dire, perché per l’ennesima volta quella sera il Destino mise sulla scacchiera un altro straniero. Una donna, chiaramente di nobile discendenza, con al seguito una nutrita schiera di guardie. Sperò vivamente che perlomeno lei non avrebbe avuto a che fare con lui per quella sera, ma Riven evidentemente la pensava in altro modo: la sua capacità – e voglia, soprattutto – di raggruppare le persone era mirabile. In men che non si dica si ritrovarono in quattro al tavolo, la conversazione già avviata in direzione di ciò che era accaduto poc’anzi.
    Ed in effetti era un bel quesito.
    Le isole non erano tutte di origine vulcanica, da quel che ne sapeva dai libri accademici, quindi un’esplosione di quel tipo sembrava senz’altro fuori posto. Il modo in cui i presenti avevano reagito gli suggeriva che non fosse la prima volta che un evento del genere si manifestava, ma non riusciva a capire ancora se si trattasse di un fenomeno naturale o meno. Il suo sesto senso gli diceva di stare in guardia, tuttavia, sebbene non sapesse nei confronti di cosa. Fece per concentrarsi totalmente sulla cameriera e sul cibo, quando un grido agghiacciante congelò l’atmosfera.
    Un urlo disperato, pieno di terrore che gli penetrò fin nelle ossa dandogli una stretta allo stomaco. A giudicare dall’intensità, era estremamente vicino, forse lungo la strada principale. Il topo si immobilizzò come una statua, mentre i tagliagole e i viaggiatori si precipitarono fuori insieme al cavaliere. Gli altri avventori, invece, rimasero seduti, guardandosi sospettosi in giro, come se qualcosa fosse in procinto di balzar loro addosso… cosa più che plausibile, visto come stava andando la serata.
    Ares lanciò un’occhiata d’avvertimento ai presenti.
    “Mettiamo in chiaro una cosa: non mi alzerò prima di aver finito questo fottuto piatto di polpette.”
    Ne aveva passate troppe fino ad allora per preoccuparsi al pari di come aveva fatto il cavaliere alato. Nel suo lavoro era raro arrivare in tempo per evitare la morte di qualcuno e se ci si riusciva era motivo di festeggiamenti. Un urlo del genere non prometteva altro che morte, e l’unica cosa da fare era prepararsi a qualcosa di ben peggiore. Non sarebbe uscito di lì senza un minimo di informazioni o se non vi fosse stato costretto.
    Seras sembrò pensarla come lui, informandoli che sul retro vi era la porta secondaria che avrebbe permesso loro di fuggire dalle cucine, se vi fosse stato bisogno. Ottima preparazione.
    La nuova venuta ordinò tuttavia a due dei suoi uomini di scorta di uscire a controllare.
    Si sforzò di prendere un ulteriore boccone di cibo, ma la sua mano si fermò a mezz’aria.
    Davvero sarebbe rimasto seduto lì senza fare nulla?
    “Che palle, nemmeno si può finire di mangiare in questo cesso!” sbuffò, alzandosi quindi di scatto. Avanzò a grandi falcate verso la finestra più vicina, guardando verso l’esterno dove la notte copriva ormai le strade. La vicinanza del grido poteva solo significare che presto avrebbero potuto udirne altre. O forse si trattava solo di un comune assassinio, dopotutto. Posti del genere ne erano pieni. Qualcosa però gli disse che doveva tenere la guardia alzata, e le sue dita brillarono per un attimo di piccole folgori danzanti.
    Qualsiasi cosa stesse succedendo là fuori sarebbe presto arrivata anche da loro.



    ARES
    YLfkQND
    Salute: 32/32
    Mana: 100%
    Energia: Gialla

    Fisico:
    Mente:

    Equipaggiamento:

    - Peacock’s Quills [pugnali da lancio lvl. 3] [8/8]
    - Midnight’s Cloak [mantello magico lvl. 3] [8/8]


    Passive:

    ˟[Pieno effetto offensive ad area + Selezione dei bersagli]
    ˟[Power-up statistico +1 agilità]
    ˟[Passiva di antimalie]
    ˟[Passiva di rilevamento]

    Tecniche:


    Altro:

    .Fase difensiva:

    .Fase offensiva:



    Edited by Alastor Krane - 30/9/2021, 23:16
     
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    SERAS SILK

    ▪ M A N A & S A L U T E:
    Energia: Bianca
    Mana: 100%
    Salute: 32/32

    ▪E Q U I P:
    Mimicloak; Una cappa, senza alcuna particolarità. O almeno ad una prima occhiata. Di sottile cuoio stinto, ricucito in più punti con un filo grossolano e punti imprecisi, munito di un colletto alto ed un cappuccio, da l'impressione di dover cadere a pezzi da un momento all'altro o sciogliersi con la prima pioggia. In verità nasconde qualcosa di più: il consunto abito è un Mimic, il cui unico scopo è quello di seguire Seras per inghiottire tesori ed oggetti che quest'ultimo gli rifila. In cambio protegge prontamente il proprio padrone, fermando armi ed attacchi. Ha ogni tanto la mania di afferrare cose con la lingua o ricoprirle di una vischiosa bava violacea. E' fondamentalmente innocuo. {Equipaggiamento difensivo_ 8/8}

    Hash'nvardeen'knairgh'malis; Aka 'quel-fottuto-mimic-apriscatole' o più semplicemente Malis. Un altro mimic al servizio di Seras. Si crede un veterano di guerra e gli piace lamentarsi con gracchiante voce da fastidioso vecchietto quando ne ha la possibilità, e lo Yùner lo porta con sé solo perché padroneggia un'ottima tecnica di trasmutazione. Attualmente si presenta come una spada corta, vecchia ed ossidata in più punti ed all'apparenza forgiata dall'ottone, con un enorme rubino sanguigno fra l'elsa ed il debole della lama. Il taglio della gemma è tale da rassomigliare ad un occhio costantemente aperto e vigile. {Spada ad una mano_ 8/8}


    ▪P A S S I V E:
    - Giustifica Biocinesi
    - Auspex Creature
    - Mimesi
    - Power-up Destrezza +1
    - Movimenti animali

    ▪A T T I V E:
    ///

    ▪R I A S S U N T O:



    Senzanome2_0
    Se all'inizio non era stato pienamente certo che quello seduto al bancone fosse un altro Yùner, ne ebbe la conferma quando si girò a fissarlo.
    'Beccato', pensò mentre sollevava una mano e muoveva le dita in un frivolo saluto, accompagnato da una vocetta in falsetto che intonò un altrettanto lezioso 'yuhuuuuu!'. Aveva sortito l'effetto sperato quando si era girato nuovamente, dandogli le spalle. Uno Yùner bastava ed avanzava, due erano già troppi per i suoi gusti. Chi poteva dirgli che non fosse qualcuno dei Domini del Sale che veniva a fargli la festa o un vecchio amico di Dong-Mu che voleva una rivalsa? Anche se difficilmente credeva che qualcuno sarebbe arrivato a riconoscerlo dopo tutto quel tempo. Tanto meglio, tanto peggio. Avrebbe affrontato anche quello smilzo omuncolo dalla pelle viola se ne avesse avuto necessità.

    Sbadigliò un paio di volte, guardandosi attorno annoiato, e cercando qualcosa- o qualcuno- da infastidire per passare le ore fino alla chiusura del locale. Ciò che avvenne in seguito fu quel qualcosa di inaspettato che cercava: un fragoroso boato scosse la piana, facendo vibrare la locanda dalle fondamenta come un terremoto ed in pochi secondi, il suono, fu raggiunto da uno spostamento d'aria tale da spalancare con veemenza tutte le finestre e spegnere ogni tipo di fonte di luce all'interno della sala. Seras osservò sconcertato l'oscurità scendere nella locanda e sulle sue ossa, su quella percezione innata che gli diceva esattamente dove fosse chi. Doveva alzarsi, scappare via e mettere le miglia da quell'isola che stava continuando a mettere alla prova i suoi nervi; mentre formulava quel pensiero si accorse della pessima posizione che aveva preso e nella confusione del momento l'equilibrio era finito per svanire. Mulinò le braccia, cercando in maniera comica ed al contempo disperata di riprendere stabilità, cosa che non avvenne, e finì inevitabilmente con la schiena sul pavimento. Digrignò i denti nel sentire le ossa riverberare il colpo, ma cercò di ignorarlo e si rimise subito in piedi, guardandosi attorno mentre le luci venivano riaccese. Ciò che vide lo lasciò momentaneamente stupito: il tavolo che era alle sue spalle, a cui sedevano un manipolo di
    scassaball
    tagliagole, era divenuto il bersaglio di uno dei boli di bava violacea di Mimicloak. Probabilmente la cappa aveva reagito all'esplosione ed alla conseguente caduta espellendo senza tanti complimenti una discreta quantità di saliva purpurea. Il tavolo ne era completamente ricoperto ed al centro stava ritto un grosso gatto grigio, bagnato e con l'espressione sconcertata di chi è stato svegliato da una secchiata d'acqua gelata; anche gli avventori non erano stati risparmiati, chi più chi meno, da schizzi violacei. Nell'assistere a quella scena, lo Yùner, non poté far altro che scoppiare in una risata fra l'isterico e l'ilare, piegandosi in avanti con le mani premute sulla pancia. Non sapeva se sentirsi spacciato o grato della strana situazione, in quanto aveva stemperato quell'orribile sensazione d'impotenza che per un momento si era fatta strada nelle sue viscere.

    Quando si tirò su, asciugandosi distrattamente alcune lacrime divertite, fu pronto a tirar fuori le sue migliori doti di bugiardo, sperando di andarsene tranquillamente senza rimetterci denaro e la dea bendata ancora una volta fu dalla sua parte: in pochi secondi quattro paia d'ali si misero fra lui ed il tavolo, sciorinando una serie di paroloni ben piazzati e poco adeguati al contesto e luogo. Seras rimase fermo a fissare quella schiena che lo sovrastava ed aveva l'ardire di parlare per lui... ma chi si credeva di essere?

    Le quattro dita della mano sinistra dell'ermafrodita sfiorarono il pomolo della spada nascosta sotto la cappa, avvertendo la vibrazione di Malis che andava svegliandosi. Gli avrebbe piantato la lama fra le scapole o addirittura all'altezza dei reni, o peggio ancora si sarebbe divertito a tagliargli via un'ala e lasciarlo sanguinante a terra. Voleva sentire cosa avrebbe detto allora. Non ce ne fu il tempo, però, perché il pennuto si girò a fissarlo e gli intimò di scusarsi. Seras lo fissò di rimando con uno sguardo fra l'interdetto e lo stupito, frugando poi con gli occhi attorno a sé per capire se quello ce l'aveva veramente con lui. Sì, ce l'aveva con lui. Chi si credeva di essere? La fatina buona del cazzo? Se lo era doveva essere anche la più ingenua di tutto il suo plotone, visto come non si fosse reso conto di non aver davanti esattamente una faccia pulita e da bravo ragazzo.

    'Va bene,' pensò. 'Se vuole giocare, giochiamo'

    "Oh... ma ceeeeeerto" rispose lo Yùner a quello sguardo lanciatogli da sopra la spalla, dopo qualche istante di silenzio.

    Si sporse di lato, quel tanto che solo testa e spalle spuntassero da dietro l'angelo e giusto per mostrarsi agli uomini al tavolo, esibendo un largo sorriso di denti di squalo, con la lunga cicatrice che si allargava e tendeva in maniera grottesca.

    "Ehi cabròn, la mammina alata qui si sente in dovere di parlare per me e, vista la sua magnanimità ed il suo gran cuore e gentilezza, credo si sia anche offerto di pagarvi una cena"

    Visto che l'angelo voleva parlare per lui tanto valeva che lo cavasse completamente d'impaccio e, come aveva previsto e predetto, era riuscito a non sborsare nemmeno un solido smangiucchiato da un rugginofago. Girò poi attorno al nuovo giunto, raggiungendo il tavolo il più velocemente possibile per afferrare il gatto da sotto la pancia, che ribattè con un sonoro 'gnaow' prima di essere di nuovo ficcato dentro una grossa bocca apertasi nel mantello. "Non posso però lasciarvi Sir Scassaball... sapete, ha un po' di problemi di reflussi gastrici e non vorrei rovinasse i vostri bei vestitini" Tornò poi sui suoi passi per andare a dare un pugnetto scherzoso sulla spalla dell'angelo. "Grazie del tempestivo intervento, fratello. Non sarei MAI riuscito a dialogare con questi meravigliosi compagni di merende"

    Si diresse allora verso il bancone a lunghe e veloci falcate, giusto per esser sicuro di non venir più interpellato, anche se non era una buona idea girare le spalle a quella manata di gente, con la sua percezione che andava e veniva come lo sfarfallio della luce sull'acqua. Solo quando appoggiò il sedere su uno sgabello del bancone si sentì relativamente al sicuro.

    "Quindi, ché se magna?" esordì con voce abbastanza alta da farsi sentire dai due avventori che gli sedevano accanto. Poco prima che avvenisse tutto il casino gli era parso di udire quello dai capelli bianchi offrire cibo all'altro Yùner. E chi era lui per non approfittare di una così ghiotta seconda possibilità di scroccare qualcosa? Aveva fatto di nuovo centro e lo strano tipo si era offerto di pagare cibo e bevande anche a lui. Nonostante tutto stava andando bene... troppo bene.

    "Ti ringrazio per l'offerta ed accetto volentieri" ringraziò cortesemente il giovane dai capelli bianchi, per poi esordire con un 'Basta che si beva e si mangi, ed a me va bene tutto', scrollando le spalle ed appoggiandosi con la schiena al bancone per osservare la bizzarra scena dell'uomo con le ali che si sedeva insieme al duetto ricoperto di bava viola.

    "Naufragio." fece lo Yùner grattandosi noncurante il naso pieno di piercing per rispondere alla domanda sul perché si trovasse lì. Era giunto il momento di tirar fuori un po' di belle storie di avventure non sue. Assunse l'aria di chi ha vissuto la peggiore delle esperienze, sospirando profondamente. "Un antico vaso andava portato in salvo, ma per colpa di un barile di amaro siamo colati a picco e qui si stava bene. Sarei ripartito domani al più tardi, ma siete arrivati voi e le vostre belle facce nuove di zecca"

    L'altro Yùner si era poi girato nella sua direzione, ridacchiando ed indicando la scenetta a pochi passi da loro:

    "Ma fa sul serio?"

    "Certo ed è pronto a tirar fuori le sue pergamene e mostrarci come si arriva più velocemente nelle grazie del suo Signore... anche se non credo siano le stesse 'grazie' a cui aspiro io."

    Gli piacevano quelli così, come quell'angelo, innocenti e bonaccioni. Erano i migliori da spennare e solitamente anche i più facili da raggirare. Si riscosse, girando poi la testa verso i due nuovi conoscenti e, sollevando una mano in segno di saluto:

    "Comunque, io sono Seras."

    Il Galzani, di lì a poco, li invitò a prender posto, assicurando al piccolo gruppetto che sarebbe presto giunta la loro ordinazione. 'Dunque si ritorna al vecchio tavolo incriminato, pensò l'ermafrodita seguendo gli altri due al tavolo che aveva appena lasciato, anche se questa volta non si presentava più vuoto ma con cibo e bevande, servite da Rhome. La conosceva molto bene, anche se non poteva dire che fosse la sua preferita fra le due cameriere. Rispose alle parole di Ares con un sorrisetto sfrontato, afferrando uno dei bicchieri di vino per portarlo alla bocca:

    "Tranquillo che Mimì non serve solo ai tavoli la sera. Quando si spengono le luci ha metodi fantasiosi di tenere compagnia a chi ha voglia di rimanere"<\b> continuò facendo un occhiolino d'intesa alla cameriera <b>"Non è vero, tesoro?"

    Rhome non fece in tempo però a rispondergli, che la locanda si riempì di altre nuove figure, una donna e le sue guardie. Stava diventando una situazione troppo spinosa e la presenza di tutti quei muscoli compressi nella latta gli urlavano di scappare, mettere miglia e saluti e baci.

    Lo Yùner roteò gli occhi infastidito: in pochi minuti era saltato da un'ottima situazione ad una spiacevole come una zecca indecisa su dove affondare la testa per mangiare. Perché, in un posto così sperduto, stavano piombando personaggi così assurdi? E perché quel postaccio, che era stato tranquillo fino a quel momento, ora diveniva la fiera dell'assurdo? Che Carcasso l'avesse maledetto nel momento in cui aveva messo piede sulla nave? Probabilissimo.

    Mentre formulava questa serie di congetture il tizio dai capelli bianchi si era alzato per andare ad invitare la nuova venuta ad unirsi a loro, ma non aveva fatto in tempo a sedersi che subito un grido li distrasse di nuovo.

    Metà del locale parve risucchiato fuori dal nuovo avvenimento, fra cui l'angelo, incuranti del fatto che poco prima era avvenuta certamente un'esplosione e che questa, di conseguenza, aveva innescato qualcosa. Erano cose che si sapevano nei Domini del Sale ed anche se era vissuto poco tempo alla Voliera aveva comunque appreso abbastanza su miniere ed esplosioni.

    Rimase dunque in silenzio con le orecchie tese per captare ogni possibile nuovo suono, il bicchiere ancora appoggiato alle labbra ad osservare cosa succedeva loro attorno: i tagliagole ed i viaggiatori erano scappati fuori immediatamente, mentre i vecchietti, i cercatori ed il Galzani erano rimasti dentro. 'Se i locali rimangono al loro posto c'è qualcosa che non va... o sanno qualcosa che non vogliono dire' ragionò il giovane. Era stato abituato, negli anni, a cercare segni di possibili problemi, a prevedere la marea dei danni per poter cavalcare l'onda del 'mi paro le chiappe e mi salvo il culo'. Se l'avesse imparato prima di arrivare a Dahlgur probabilmente ora non sarebbe sembrato un gatto finito in una macelleria di guerci.

    Seras, prima che l'altro Yùner s'alzasse per andare alla finestra e la nuova arrivata mandasse un paio dei suoi a controllare, mormorò a bassa voce poche frasi, giusto per farsi sentire solo dal quartetto al tavolo:

    "Se succede qualcosa andate dietro il bancone e dentro le cucine. C'è un'uscita da quella parte che non ci costringe a morire qui dentro come bestie in trappola"

    Non era certo dell'informazione, in quanto le era stata data dalla stessa Rhome quando si erano appartati la prima sera che era giunto, ma sapeva che le cucine possedevano almeno una grossa finestra per areare la stanza dai fumi di stufe e padelle, quindi in un modo o nell'altro almeno lui sarebbe riuscito a scappare da una situazione che poteva finir in tragedia.


     
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    il segno degli abissi



    Avevo ricevuto una proposta durante una delle ultime udienze a Palazzo. Un ambasciatore, un uomo che portava con sé l’odore acido del vino e della salsedine. Parlava con un improbabile accento, trascinando la lingua sul palato, ed era venuto in compagnia di un piccolo animaletto rigorosamente portato al guinzaglio. Un personaggio, per farla breve. Arrivava da un piccolo regno nel Rohs Sirrah, dove la maggior parte del popolo era nullatenente: mi disse che erano pronti a venire incontro ad ogni mia richiesta in cambio di qualcosa. Cosa? Non lo sapeva precisamente nemmeno lui. Mi presi del tempo per riflettere sulla proposta dal momento che potevo già far affidamento sulla mia cerchia di diplomatici per beni primari e privilegi commerciali; senza contare l’immagine che mi aveva restituito, ovvero, quella di un essere che vive trincerato nel suo mondo e con la testa tra mille nuvole di zucchero. E alcool, probabilmente. A volte non si ha una seconda opportunità per fare una buona prima impressione, ma questo non è stato il suo caso. Che potevano offrire a Dayrst quell’accozzaglia di terre? Coralli, perle, forse tinture, nulla di nuovo. Una parola aleggiò nella mia mente, colò sulla punta della lingua, la ingoiai con un sorso di liquore: galzani. Dopotutto il regno è in costante diastole, le richieste si allargano e moltiplicano come cerchi sull’acqua, e si finisce sempre che ciò che si ha non basta mai, nemmeno di uomini. Decisi di partire, scortata dalle mie sei guardie più fedeli, lo scalpitio delle zampe ferrate dei nostri cavalli ci accompagnò per tre albe prima di arrivare a Zeyrek. Oggi ci siamo rimessi in cammino dopo due notti di riposo prepotentemente reclamato. I nostri corsieri sono rimasti nelle stalle affinchè possano ristorarsi, ma, oltre a due galzani leonidi, ci sono stati dati in dono nove Llertzal - creature a metà tra cavalli e lucertole - con cui fare ritorno. Il tempo non è dei migliori. Il vento ulula come un martello, rimbalza sui rami degli alberi, il Sole sembra essersi spento mentre osservo questo mondo brullo marcire sotto gli occhi. Uno schianto, il rumore lontano di un’esplosione squassa la tranquillità, ovattando qualsiasi altro suono; la terra trema convulsa un solo istante allungato all’infinito. Ho la testa inspiegabilmente pesante, la mia mente è annacquata, come se qualcosa mi sfuggisse dalle mani, come se vedessi un oggetto di taglio, un riflesso in uno specchio che quando ti giri non c’è più. Forse dovevamo fermarci ancora. L’unica cosa di cui sono certa è che questo posto, questo isolotto paludoso del cazzo non è di origine vulcanica. Mi guardo intorno rapidamente come un uccello da preda alla ricerca di qualcosa o qualcuno, ché l’idea migliore non è di certo rimanere qua fuori, ma continuo a vedere solo la desolazione più profonda in questo buco sperduto e dimenticato da divinità e persone, se non fosse per una locanda in lontananza. « Lasciamo i Llertzal vicino al fiume e proseguiamo a piedi. » urlo alle guardie, la mia voce soffocata rimbomba nel petto. Scortata, mi dirigo frettolosamente verso quel posto – non che avessi altra scelta.
    Apro con non poca difficoltà il portone in legno massiccio e dalla maniglia piuttosto usurata: l’aria è satura dell’olezzo rancido del sudore, con punte di tabacco e note di testa di frittura di pesce. La fauna locale offre principalmente tagliagola, un gruppetto che conversa tra una polpetta e l’altra seduti al bancone, una figura alata, e a rendere il tutto ancora più… insolito, un topastro a servire. Per di più vestito di tutto punto. « Un piatto di quelle polpette anche per me, per favore » chiedo all’oste peloso sedendomi « Ho sentito un boato fuori, in lontananza » continuo, sperando di ottenere risposte. « Senti, signorinella, se vuoi rogne hai proprio scelto il tavolo adatto... ». Ci manca solo la rissa tra un angelo e dei banditi e abbiamo fatto bingo. Il pelosetto avvicina il suo muso baffuto « Abbiamo sentito. Ma non vorrebbi mai sapere che cosa fosse quel rumoracci », squittisce impastando parole e poca, dubbia grammatica. Non che sperassi di ottenere la risposta che avrebbe sciolto ogni mio dubbio, certo, ma neppure un semplice giro di parole, roditore. Poco male, quantomeno ho rimediato un pasto. Sento un rumore flebile di passi sugli assi scricchiolanti del pavimento « L'hai sentito anche tu? ». Dietro le mie spalle si presenta un ragazzo dall’aria delicata e nobile, morbidi capelli bianchi bagnano le sue spalle: lo riconosco, era seduto di fianco a me fino a pochi minuti fa, al suo stesso tavolo siedono il tiefling e la Yùner. Mi avvicino - d’altronde, un po’ di compagnia non ha mai fatto del male a nessuno. Siamo tutti qui, chi per un motivo e chi per un altro, tanto vale cercare di rendere questa topaia meno angusta. « Sì, l’ho sentito anche io. Ma non sono riuscita a sapere nulla di più di quanto non sapessi prima di entrare qui. » gli rispondo. Un urlo disumano trapassa le mie orecchie, arrestando così ogni mia ulteriore azione o pensiero. « Se succede qualcosa andate dietro il bancone e dentro le cucine. C'è un'uscita da quella parte che non ci costringe a morire qui dentro come bestie in trappola » sibila quasi incomprensibile la Yùner, con il bicchiere di vino ancora appoggiato alle labbra. Mi giro verso i miei uomini, chiedendo a due di loro di andare a vedere oltre quella porta; gli altri sei sarebbero rimasti dentro a coprirci la schiena in caso di necessità. La bettola si svuota per metà: i primi a darsela a gambe sono i due tagliagola seguiti dall’angelo, e dopo qualche sbuffo seccato, anche il tiefling abbandona il suo piatto fumante per affacciarsi. Qualunque cosa ci sia là fuori potrebbe tornare in qualsiasi momento, o per quanto ne sappia, potrebbe anche essersi già insinuata qui, tra una sedia traballante e le roche risate di avventori.

    "andantivi" sembra la coniugazione di un verbo bellissimo.

    E Z R A

    c3VnCP8

    Energia. 100%.
    Stato Fisico. illesa [32/32].
    Stato Psicologico. Tesa, confusa.

    Abilità passive.
    ~ abilità passiva di potenziamento (+1), agilità [4 slot];
    ~ abilità passiva di auspex [1 slot razziale];
    ~ abilità passiva di caratterizzazione, anti-malia [1 slot] ;
    ~ abilità passiva di caratterizzazione, malia di riverenza [1 slot].

    Abilità attive.

    Equipaggiamento
    — Whispering Sands equip. offensivo di lv.1, non con sé [8/8].
    — Arco equip. offensivo di lv.0, non con sé [8/8].
    — Dryad's Tears equip. difensivo di lv.1, sul capo [8/8].





     




    Edited by Angrboða - 1/10/2021, 23:02
     
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    il segno degli abissi - parte seconda


    Riven assiste alla scenata del tiefling a metà tra lo stupore ed il divertito, gli angoli della sua bocca si piegano in un sorriso appena accennato; non si aspettava certo una reazione del genere da parte sua, ma la melodia che riesce a sentire è la prova che lui si sente effettivamente a disagio - davvero crede che possa essere un suo creditore? Sta per spiegargli che non deve preoccuparsi, che è la prima volta che lo vede e che lo hanno attirato il suo aspetto e i suoi modi - non può certo dirgli che a incuriosirlo è stata l'eccitante melodia che genera semplicemente essendo sé stesso, svelare in tale maniera la propria natura di hederato - quando una voce squittente si alza su tutte le altre e lo distrae dalla precedente conversazione: « Benenuti, andantivi. Cosa potessi fare per voi? » Un topino alto poco più di un boccale di birra e vestito di tutto punto accoglie i due avventori con poche parole sgrammaticate. Riven lo guardia incuriosito; si tratta di una specie di galzano che non aveva ancora mai visto durante i propri viaggi, ma in fondo sono anche poche settimane che ha cominciato la sua piccola gigantesca avventura nel mondo.
    Poi un rumoroso boato, le pareti e le assi di legno tremano e una potente folata di vento si schianta con gran forza contro la locanda spalcando le finestre e spegnendo candele e lanterne. Un'evento totalmente inaspettato a vedere la gigantesca ondata di bestemmie che si alza nella piccola taverna - persino il Wordsworth, preso dalla situazione, sputa un paio di imprecazione. Tutto si conclude nel tempo di qualche istante e Riven, che fa del proprio essere un Ascoltatore una importante qualità, non ha potuto non notare che durante quei pochi secondi la sua percezione dei Ritmi era disturbata e confusa: non riusciva a leggerli con la tipica straordinaria chiarezza. Si fa un rapido appunto mentale, ripromettendosi di indagare sulla ragione per cui si è verificata una così peculiare evenienza.
    Mentre l'oscurità ancora domina la scena, fa il suo ingresso un altro speciale individuo - la melodia che sente è una storia infinita di amore e di fede - che illumina con una fiamma di natura magica cui ha dato forma nel palmo della mano l'ingresso, il quale domanda se tutti stiano bene. Alla sua domanda risponde pure l'uomo con cui Riven stava parlando, mettendo ancora una volta in luce il suo strano senso dell'umorismo e facendo sorridere l'hederato. A far tornare alla normalità la situazione ci penso un giovane ragazzo con un paio di grossi baffi che armato di una torcia riaccende le candele e le lanterne che si sono spente pochi minuti prima. La luce torna, ma un velo scuro cade su tutti i presenti: la sensazione che stia per accadere qualcosa di orribile. Il galzano topolino, ancora sul bancone, ne approfitta per tornare alle proprie mansioni e domanda agli avventori là seduti cos'è che prendono: « Io prendo le polpette » gli risponde Riven, « Voi invece avete trovato qualcosa che v'attira? Forza, ché per oggi offro io » dice al suo precedente interlocutore ed al nuovo arrivato, cercando di ignorare almeno per il momento quello che prova. Il tiefling accetta immediatamente, l'altro invece chiede scusa prima d'allontanarsi. Ora che lo guarda meglio, non c'è dubbio del fatto che si tratti di un individuo peculiare. Biondi capelli lunghi, corpo slanciato vestito di una pesante armatura, due paia d'ali: un angelo, così lo definirebbero alcuni. Un'esistenza più unica che rara. « Be', visto che ci tieni tanto, lascerò che il peso del tuo cognome guidi le tue intenzioni e ordinerò anche io le polpette. I terremoti mi fanno venire fame. Aggiungici pure due birre, va', che anche con la sete non si scherza » la risposta del tiefling diverte Riven, che si scopre felice di averlo invitato a mangiare con lui. « Quindi, che se magna? » esordisce a voce alta una donna che aveva visto seduta ad un altro dei banconi prima che la luce andasse via, il Ritmo che produce è entusiasmante: una barca che cavalca le onde senza timore e domina il mare. « Qui si mangiano polpette » gli risponde Riven, poi continua « e si beve vino, ché la birra non mi scende giù così bene » dopodiché ride, perché in realtà lui non ha mai bevuto né l'uno né l'altro, gli Hederati non hanno certo bisogno di cose del genere per vivere. « Dai, offro anche a te » si rivolge alla donna « Stasera mi sento generoso, e mi sembrate persone interessanti » o almeno interessante è la melodia che producono « Cosa ci siete venuti a fare in questo postaccio? » Un antico vaso che andava portato in salvo e un incarico per una qualche accademia, lei dice di chiamarsi Seras e lui invece Ares.
    L'oste topo invita il gruppetto a sedersi ad uno dei tavoli liberi e fila in cucina con la loro ordinazione. Una volta accomodatisi al tavolo, una cameriara rossa e formosa arriva portando vino e polpette, che Riven - seppure non ne abbia bisogno, data la sua natura - e gli altri iniziano a trangugiare. Ares e Seras ne approfittano pure per provarci con la ragazza, Seras in particolare sembra avere avuto con lei una relazione molto più carnale di quanto potrebbe essere una semplice amicizia. Mentre stanno mangiando, l'Hederato nota una donna accompagnata da un numero di guardie, in parte umani ed in parte galvani, domandare all'oste polpette e del boato che poco prima ha investito la locanda. Il Ritmo che lei produce ha un che di esotico ed è estremamente affascinante. Tentando la fortuna, il Wordsworth decide di avvicinarsi a lei: « L'hai sentito anche tu? » le domanda, facendo attenzione a non superare quella gigantesca barriera di muscoli e metallo che sono gli uomini armati che la seguono « Perché ce lo stiamo chiedendo anche noi, magari potremo indagare insieme » e indica il resto della propria nuova e piccola compagnia. « Sì, l’ho sentito anche io. Ma non sono riuscita a sapere nulla di più di quanto non sapessi prima di entrare qui » gli risponde, e lui è soddisfatto per il solo motivo che lei le ha rivolto la parola. Improvvisamente un urlo, breve ma agghiacciante, risuona per il piccolo locale, allarmando per la seconda volta gli avventori: Seras indica una via di fuga; la donna di cui non conosce il nome invia due dei suoi uomini; Ares dopo qualche imprecazione, nonostante il desiderio di mangiare le sue polpette, raggiunge la finestra più vicina per scoprire cosa stesse succedendo.
    Per quanto riguarda Riven, lui decide di non uscire: « Cosa pensi stia succedendo? » chiede alla donna rimasta.


    Abilità passive:
    abilità passiva di caratterizzazione | lettura delle emozioni | 1 slot
    abilità passiva di caratterizzazione | antimalia | 1 slot (razziale)
    abilità passive di caratterizzazione | auspex: ambiente e creature | 2 slot
    abilità passiva di caratterizzazione | percezione approfondita dei ritmi | 1 slot (razziale)
    abilità passiva di potenziamento delle statistiche | +1 a costituzione (difensiva) | 4 slot
    abilità passiva di caratterizzazione | auspex: pericolo | 1 slot
    abilità passiva di caratterizzazione | Naav come punto extra di casting | 1 slot
     
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    { Khalzjan, al 'Tentacolo d'Oro'; Crepuscolo }
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    La popputa cameriera che risponde al nome di Rhome starebbe per rispondere all'invito di Ares, tuttavia l'intromissione della Yuren per qualche ragione la imbarazza, quindi abbassa il capo, mormora un 'buon appetito' con voce atona e si allontana.

    L'atmosfera è delle più allegre, ma comincia a movimentarsi. L'urlo si ripete, ma stavolta non è difficile carpirne il significato - in fondo, è una sola parola: Aiuto!
    Qualcuno è in pericolo, lì vicino, e la notizia rende inquiete le persone che all'interno della locanda, a prima vista, non sono particolarmente interessate al combattimento o al martirio.
    I cercatori d'oro iniziano a mugugnare, parlottano a bassa voce tra loro utilizzando l'incomprensibile dialetto locale, ma non è difficile intuire che abbiano deciso di tenersi ben lontano da ogni sorta di pericolo. I due viaggiatori, pur essendosi alzati in piedi, non muovono un solo passo verso l'esterno dell'edificio - sembrano voler soppesare l'entità del pericolo prima di catapultarsi fuori. I loro volti, però, sembrano sufficientemente tranquilli.

    Il giovane tagliagole dai capelli neri, sempre piuttosto irruento, guarda Oriel con aria sprezzante mentre si avvicina all'esterno.
    «Ciò che siamo non ti riguarda, signorinella» dice.
    Il suo compare incappucciato cerca però di aggiustare il tiro: «Abbiamo dato la caccia ai delinquenti, a volte usando i loro stessi metodi. Non è più quella la nostra vita, però.»

    Sul tavolo attorno al quale sono rimasti seduti Riven, Ezra e Seras, si materializza il topastro con il cappello piumato. Ha l'aria di chi ha capito che non butta bene per niente, è scosso da fremiti che non possono essere altro che puro terrore, sposta rapidamente lo sguardo dai presenti al tavolo alla porta d'ingresso, alla scorta di Ezra, infine ai viaggiatori, probabilmente chiedendosi chi siano i più indicati da cui ottenere protezione.

    Rhome, la cameriera, segue Ares quando questi si alza per raggiungere la finestra - sembra intenzionata a sua volta a sbirciare verso l'esterno senza però la volontà di esporsi in maniera eccessiva: si mantiene mezzo passo dietro l'accademico, praticamente alle sue spalle, e approfitta di questa posizione privilegiata e che le permettere di nascondere le sue azioni per palparne - a lungo e con un certo piacere - al natica destra.

    Quando Oriel e i tagliagole, insieme ai due della guardia di Ezra, spalancano la porta e raggiungono l'esterno, davanti ai loro occhi - e a quelli di Ares e Rhome, che sbirciano dalla finestra - si para uno spettacolo raggelante: a una decina di metri da loro, lontano dallo steccato a cui sono legate le cavalcature, al centro dello spiazzo antistante la locanda, un ragazzino che non avrà più dodici anni è seduto per terra, lo sguardo allucinato e negli occhi lo stesso terrore che accompagna chi sa di stare per morire.
    Alla precisa distanza di sei passi da lui, si erge una figura longilinea, avvolta in mantello di un giallo dorato; al di sotto del cappuccio che tiene sulla testa, si riesce a intravedere il biancore della maschera che gli nasconde il volto - una maschera con le fattezze di un volto mostruoso, ornato di tentacoli.

    La creatura mascherata tiene la mano sinistra sollevata e - a pochi centimetri da questa - un glifo luminescente di un giallo vivo attraversato da scariche vermiglie rivela il suo incantesimo e le sue intenzioni.
    Sta per attaccare il ragazzino. A nessuno dei presenti riesce difficile immaginare quale sarà il risultato di quell'attacco, se nessuno interverrà per fermarlo.
    C'è solo da sperare che quel ragazzino abbia di che pagarsi un funerale.


    ...e il settimo giorno, postò.
    Per questo turno non ci sono disposizioni particolari e - vi dico già da adesso - non è previsto il giro in supporto. La situazione è quella descritta nel post e dovrete agire rapidamente, se non desiderate avere sulla coscienza il cadavere di un fanciullo.

    Per qualsiasi domanda, potete utilizzare il canale della giocata su discord.
    Indicativamente, posterò venerdì prossimo. Chiunque altro intenda inserirsi a giocata in corso prima di allora, è pregato di contattarmi privatamente prima di postare, al solo scopo di mantenere una timeline ordinata.
    Have fun!
     
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    Quell'urlo... un urlo di puro terrore fece scattare sull'attenti il paladino dandogli un brivido che lo attraversò dalla cima della testa fin alla punta dei piedi. Ali comprese. E quando hai l'animo dell'eroe in certi momenti c'è solo una cosa da fare: accorrere in aiuto di chi è in pericolo. Rapido ma mentalmente lucido Oriel si alzò giusto pochi attimi dopo del duo di tagliegole, affiancandoli nel raggiungere la pesante porta della locanda. Nel mentre il moro vide di rispondere sprezzantemente alla sua precedente domanda con un irruenza di chi non nutre alcun rispetto per il suo interlocutore continuando ad appellarlo, per una qualche ragione, come "signorinella". L'angelo sopportò pazientemente ma non potè non chiedersi se quell'uomo avesse sempre un brutto carattere o se la fosse presa davvero molto nell'essersi sentito etichettare come qualcosa che ormai apparteneva al suo passato. O almeno così facevano intendere. In compenso il suo compare ben più diplomatico lo informò che loro avessero dato la caccia ai delinquenti, anche usando i loro stessi metodi, ma che quella ormai non fosse più la loro vita. "Mi dispiace. Credo che normamente me ne sarei accorto ma per qualche ragione questo posto confonde la mia percezione. Sento solo un costante senso di malvagità e pericolo." Si scusò a quel punto in maniera davvero sentitamente dispiaciuta, non avrebbe mai voluto invalidare tutti gli sforzi di quelle persone o ricordargli un passato che parevano aver deciso di rigettare. Era ovvio, fin troppo, che ci fosse qualcosa di oscuro lì nei dintorni della locanda, l'aveva sentito fin dal suo arrivo al villaggio ed ora ne aveva finalmente la conferma. Ma non avrebbe voluto scoprirlo mettendo in pericolo la preziosa vita di qualcuno a maggior ragione se a suo sentire pareva essere ancora giovane ed innocente. L'urlo si ripetè, stavolta in una parola forte e chiara e non un solo grido seppur in entrambi il terrore fosse palpabile: "aiuto". La porta venne aperta e col cuore che gli martellava in gola, pregando di essere abbastanza veloce per sventare il disastro, una scena orribile si parò dinnanzi a loro. Lo sguardo d'insieme fu veloce, conciso, un ragazzino in pericolo e un malintenzionato mascherato che stava attentando alla sua vita. Il perchè? Impossibile saperlo. Ruah pareva non essere ancora tornato dalla sua piccola missione e pertanto in quel momento avrebbe dovuto fare a meno del suo fidato destriero. Così senza pensarci due volte il paladino si diede uno slancio con una gamba e con un paio di potenti battiti d'ali arrivò davanti al giovane in pericolo ergendosi eroicamente dinnanzi a lui quando i suoi piedi ritoccarono il terreno. "Non pensarci neanche. Non con me qui." Tuonò l'angelo proprio quando con una mano creò un scudo di luce, abbastanza grande da proteggere lui ed il ragazzino, mentre nell'altra mano teneva in pugno la sua spada sguainata pronta a dar battaglia se necessario.



    Energia: Bianca.
    Salute: Illeso. 32/32
    Stato Energetico: 80%

    Equipaggiamento:
    - Spada Sacra [Arma Livello I] - [8/8]
    - Armatura Angelica [Armatura Livello I] - [8/8]

    Passive:
    Cavallo da Guerra: Nessun cavaliere sarebbe davvero tale senza il suo fidato destriero. In ogni situazione Oriel può contare sull'aiuto del suo stallone celeste Ruah. Il loro legame è così profondo che gli basta pensare di richiamarlo per farlo tornare prontamente da lui.
    [Abilità Passiva di Giustifica: Famiglio][4 Slot]

    Purezza celeste: Come tutti gli angeli il suo corpo non può ammalarsi e non è soggetto allo scorrere del tempo rimanendo eternamente giovane.
    [Abilità Passiva][Caratterizzazione: Immunità a malattie e vecchiaia][1 Slot (Razziale)]

    Ali d'angelo: Oriel possiede quattro ali piumate che gli permettono di volare abilmente e con rapidità. Se danneggiate volerà con più fatica a seconda dei danni.
    [Abilità Passiva][Caratterizzazione: Volo][1 Slot]

    Guarigione: Il potere del Signore che risiede dentro di lui gli ha donato poteri curativi. Imponendo le sue mani queste si illuminano curando le ferite proprie o altrui. Più quest'ultime sono gravi e più richiedono concentrazione ed energia da parte sua.
    [Abilità Passiva di Giustifica][Macrogruppo: Fisico+Magico][Abilità di Guarigione][1 Slot]

    Giudizio: In quanto angelo può percepire e valutare con certezza se l'animo delle creature nei suoi dintorni sia benigno o maligno.
    [Abilità Passiva di Supporto][Macrogruppo: Mentale][Caratterizzazione: Auspex Creature][1 Slot]

    Attive:
    Protezione angelica: Portando avanti una mano aperta davanti a se può creare uno scudo di luce che respinge i colpi fisici o magici dei nemici.
    [Abilità Attiva di Difesa][Macrogruppo: Fisico][Costo: Medio][1 Slot]
    [Abilità Attiva di Difesa][Macrogruppo: Magico][Costo: Variabile][1 Slot]

    Riassunto:
    - Uso Protezione angelica [Macrogruppo: Magico] a costo Alto per difendere il ragazzino.



    Edited by -Bard- - 4/10/2021, 01:53
     
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    oblivio; il segno degli abissi

    Khalzjan - Rohs Sirrah


    Non si sapeva esattamente quale divinità stesse ridendo di Silas nel momento in cui il destino aveva deciso che la sua settimana di vacanza sarebbe iniziata proprio in quel giorno e proprio in quel ridente luogo, fatto stava che stava ridendo davvero tanto, anche se il Netherborn non poteva ancora sentirla. Anzi, la sua idea completamente sbagliata era che quella sarebbe stata una settimana di pieno relax, in un postaccio paludoso così infame da far sì che nessuna delle persone che detestava decidesse di avvicinarsi anche solo per un microsecondo. Certo, questo era il piano del Netherborn, che si era pure già informato, trovando una locanda lì nei dintorni chiamata il Tentacolo d'Oro presso cui aveva deciso di alloggiare... o almeno, sperava gli avrebbero dato un posto. Non per nulla si era portato dietro una bella borsa di solidi, dato che con ciò che lo pagava l'Accademia sicuramente non avrebbe avuto alcun problema a permettersi una stanza. Certo, lui era un tipo strano e la sua aura di terrore svegliava ogni creatura nel raggio di venti metri, ma gli avrebbe fatto un'offerta che non avrebbero potuto rifiutare. O no?
    Quando uscì dal Vuoto era non molto distante dalla locanda: non troppo vicino da far sì che qualcuno percepisse la sua aura, ma abbastanza da poter intravedere da lontano una fioca luce, che probabilmente doveva provenire da qualcosa che illuminava l'esterno, una qualche torcia o lanterna, o qualche altro aggeggio umano del genere. Silas prese un ampio respiro, strinse sottobraccio il trattato "Anatomia delle creature oscure: un compendio" che aveva deciso di portarsi dietro per leggerselo quella sera, e fece per iniziare a camminare... quando all'improvviso, un movimento fra le erbacce vicine attirò la sua attenzione. Il Netherborn acuì i suoi sensi, facendosi comparire in mano una spina di metallo. La rigirò fra le dita una, due, tre, quattro volte, fino a che non fu finalmente il momento di passare all'offensiva. Con un movimento fluido, lanciò la spina contro la piccola creatura che si muoveva fra l'erba, e un suono di carne spiaccicata seguito da un pigolare sofferente confermò la riuscita del tiro.
    «Heh. Non prendertela, creatura. Sarai lo spuntino di stasera» affermò il Netherborn, chinandosi a raccogliere la spina, esaminando poi il passero che vi era rimasto impalato. Tenendo il libro sottobraccio, Silas sfilò il passero ancora vivo dalla spina, reinfilando poi quest'ultima all'interno della manica. Finalmente, potè iniziare a riempire la breve distanza che lo separava dalla locanda, rigirando nel mentre la preda fra le mani guantate, indeciso su cosa farne. Avrebbe potuto farci un arrosticino, ma quel passero era decisamente piccolo. In più, il gusto della carne cotta faceva davvero schifo rispetto a quella ancora viva, per cui anche quello era un fattore da considerare! Perso nei suoi pensieri, ci mise poco a percorrere tutta la distanza fino alla locanda, e non fece nemmeno in tempo ad entrare nello spiazzo di fronte prima di notare del trambusto.
    «Che sta succedendo qui adesso, Divoratore fottuto?» pensò Silas, avvicinandosi in modo da poter vedere cosa gli avrebbe rovinato la vacanza quella volta. Ciò che lo accolse fu la visione di un tizio vestito in modo assurdo con una maschera bianca, un secondo tizio vestito se possibile in modo ancora più assurdo con fin troppe ali - che ad onor del vero parevano deliziose - e un bambino randomico con uno sguardo da dissociato e l'aria di uno a cui stavano per scuoiare vivo il gatto. Un altro martedì, insomma, e tutto ciò che Silas pensò fu che sperava che le sue vacanze non venissero rovinate da questo stupido inconveniente. Sarebbe stato un vero problema se quei due avessero raso al suolo la locanda, ad esempio. Chi aveva voglia di trovarsi un altro posto dove chiedere una stanza?
    «Stupidi mortali e i loro casini» brontolò, tenendosi in disparte senza intervenire, con tutta l'intenzione di starsene lì a vedere come sarebbe andata a finire la cosa. Sicuramente non avrebbe sprecato le sue preziose energie per... un ragazzino? E... un tizio con quattro ali? Mah. Sollevò la mano in cui teneva il passero, e con l'altra mano afferrò saldamente la testa del piccolo animale di bosco. Con un unico movimento, applicò una torsione sulla testa del passero, staccandola di netto dal collo e divorandola in un sol boccone. Conclusa l'opera, rimase ad osservare la scena, sorseggiando di tanto in tanto un po' di sangue dal corpo del passero decapitato, concedendosi quasi per un secondo di scommettere su come sarebbe andata a finire.

    - Nota: La cattura del passero con conseguente aggiunta della passiva è stata permessa dal QM.

    - Silas -

    Salute: 32/32 | Energia: 100%

    Stato fisico:
    Illeso.
    Stato mentale:
    Dead inside™
    Equipaggiamento:
    ✘ Surgeon's Scalpel - Lv.1 [8/8]
    Set di armi: Catena/Spine di metallo

    ✘ Surgeon's Coat - Lv.1 [8/8]
    Equipaggiamento difensivo naturale: Pelle di Netherborn

    - Passive -
    Netherborn
    [Passiva di Metagioco: Immortalità]
    [Passiva di caratterizzazione: Malia di Terrore]
    [Malus: Rilevamento]
    [Passiva scenica: Volo, Mutaforma]
    I'm your first last resort
    Silas è il primo fra i Netherborn, più anziano e più abile nel gestire le proprie abilità. Essendo alimentato dalla magia dell'Atlante Nero, Silas non solo è immortale, ma emana un'aura di estremo terrore che pervaderà l'animo di chiunque si avvicini. Al bersaglio sembrerà di essere accanto a qualcosa di terribile, un errore della natura che non dovrebbe mai essere esistito, e proverà la sensazione che qualcosa di tremendo stia per accadere da un momento all'altro. Silas è sicuramente più che fiero di questo suo tratto, dato che gli risulta anche utile quando deve trattare con qualcuno, ma l'aura non porta soltanto vantaggi: un eventuale avversario, infatti, sarà in grado di avvertire la presenza ostile di Silas quando egli si avvicina.

    Skincrawler
    [Passiva di Giustifica: Biocinesi]
    [Passiva di Giustifica: Veleno]
    [Passiva di metagioco: Cambiapelle]
    [In storage: Passiva di Riflessi Aumentati, 1 slot]
    A good death is its own reward
    Uno dei poteri principali di Silas è quello di governare e plasmare la materia organica a suo piacimento. Il potere ha numerose implicazioni, e quello che Silas utilizza più spesso è indubbiamente quello offensivo: non serve sprecarsi ad utilizzare spade o asce quando si può semplicemente far marcire la faccia all'avversario con un semplice pensiero, o provocare una malattia incurabile con il semplice tocco di una mano. Questa capacità, abbinata al potere di manipolare il metallo, fornisce a Silas una lunga serie di tecniche per debilitare, uccidere o mutilare l'avversario: oltre ad utilizzare il proprio letale sangue da Netherborn, Silas può avvelenare con i metalli pesanti che manipola, oppure con le mai disinfettate punte d'acciaio ricoperte di putridume in decomposizione con cui attacca normalmente. Inoltre, se Silas è in grado di mettere le mani su qualsiasi parte del corpo di un essere - sangue, occhi, pelle - potrà assorbirla o cucirsela addosso per guadagnare così temporaneamente alcune delle sue abilità.
    ― (L'abilità Cambiapelle consente di copiare un numero di abilità fino al raggiungimento del numero di slot dedicato all'abilità, in questo caso 1 slot di abilità.)
    Abilità copiata:
    La vita dei piccoli animali è difficile su Atlas, dove molte creature li mettono in pericolo ogni giorno. Per questo, la maggior parte dei piccoli animali sviluppa dei riflessi notevoli, in modo da essere pronto a qualunque cosa, individuando i pericoli prima che si manifestino e reagendo di conseguenza.
    [Passiva di Caratterizzazione: Riflessi aumentati][1 slot]

    Call of the Void
    [Malus: -1 Fucks Given (Offensiva)]
    [Passiva di Giustifica: Evocazione]
    [Passiva scenica: Conoscenze di Necromanzia]
    One man's trash is another man's trash
    Vivere a lungo indubbiamente ha i suoi vantaggi, ma porta con sè anche un'incredibile desensibilizzazione nei confronti di qualunque cosa. Non importa cosa un nemico possa fare: Silas ha visto di peggio, e non gliene importa minimamente di combattere l'ennesima inutile battaglia contro l'ennesima inutile creatura. Per questo, esistono le sue creazioni: costrutti sul confine fra vita e morte che saranno evocati per combattere le guerre di Silas al posto suo, e levargli così la pesante responsabilità di concludere i conflitti che inizia. La necromanzia è una delle specializzazioni principali del Netherborn, che per centinaia di anni l'ha studiata estensivamente per permettersi di migliorare le sue abilità.

    Object of Obsession
    [Passiva di Metagioco: Scelta dei bersagli con abilità ad Area]
    [Passiva di Metagioco: Effetto pieno di abilità Offensive ad Area]
    [Passiva razziale: Forza sovrumana]
    Don't get mad. Get even.
    Circa verso la folla-inferocita-che-ti-insegue numero tre, Silas ha compreso il valore di saper gestire un numero elevato di nemici nello stesso momento, e appena due folle inferocite dopo, il dargli la caccia si è rivelato un massacro. Grazie a secoli di autoaddestramento, Silas possiede la concentrazione necessaria per utilizzare offensive su un numero illimitato di nemici in una determinata area, senza per questo dover risparmiare energie o ricorrere ad attacchi depotenziati. Inutile dire che dopo aver appreso questa abilità, Silas ha avuto molte meno difficoltà con la questione delle folle inferocite.


    - Attive usate -
    Nessuna.

    - Riassunto -

    Varie:
    ✘ Silas attacca un passero (scenico).
    ✘ Silas si avvale della sua passiva "Cambiapelle" per copiare la passiva di Riflessi Aumentati del passero.
    Fase difensiva:
    ✘ --
    Fase offensiva:
    ✘ --
     
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    L'oscurità porta consiglio, assieme al sonno. Era vero per tutti, anche per dei chierici che di solito si fanno i propri giri ben lontani da quelle parti. Non era un giorno diverso dagli altri, non era un giorno degno di nota. Quello che era andata a fare era un noioso giro di perlustrazione, in cui niente si era dimostrato fuori dalla norma. Non era nemmeno riuscita a raccogliere qualche informazione interessante. Quel posto circondato solo da acque era quasi troppo lontano da casa. Ma ormai era abituata a stare fuori per periodi di varia durata. Non è solito che Lyria, o altri membri a dirla tutta, si muovano da soli, ma questa volta avevano deciso che il territorio era abbastanza tranquillo. Avevano terribilmente ragione.

    O l'avevano avuta, fino a che un sussulto fra le pietre e le catapecchie attirò la sua attenzione. Quella zona era stranamente trafficata, il motivo le era arrivato alle orecchie solo dopo essere arrivata lì. Oro. La ricchezza era un motivo come tanti per smuovere gli animi, e anche l'economia morente. Sicuramente, la locanda che era lì aveva visto i suoi natali felici, da quel momento. Chissà che non avessero messo loro in giro le voci. Non sarebbero i primi, d'altra parte. Lyria scosse la testa, conscia del fatto che era inutile pensarci se non per passare qualche minuto senza dover pensare a come tapparsi il naso dentro l'armatura. Cosa a cui aveva effettivamente smesso di pensare nel momento in cui quell'urlo lontano la indirizzò proprio verso la locanda di cui sopra. Mise mano sul bastone bianco, estraendolo dal laccio di pelle che lo teneva fissato alla vita, e cominciò a correre in direzione del rumore.

    La protezione risuonava ad ogni passo, dichiarando il suo arrivo ben da lontano. Non c'erano pericoli, di solito, ma con questa storia dell'oro, trovare qualche rapina o altro crimine del genere non sarebbe stato impensabile. Invece, l'aria fetida di quel posto sembrava volerle riservare altro. Si fermò appena vide qualcosa. Due uomini, un bambino. Si era a malapena fermata, quando uno scudo di luce avvolse il bambino, e notò la mano tesa dell'uomo di fronte a lui. L'istinto capì prima della logica. Ripartì di scatto, l'armatura che fece un rumore ancora più tonante di prima. Una cantilena bassa si sollevò da sotto l'elmo, mentre la velocità aumentava, correndo contro l'uomo pronto ad attaccare. Fu dopo aver spicatto il salto per caricare il colpo che notò la maschera bianca, punto d'itneresse che diventò rapidamente bersaglio. Il bastoncino color latte, sollevato in aria, presa la forma di un martello da guerra ad una mano, che viaggiò repentinamente contro il volto coperto della figura ammantata. Senza pensare troppo al risultato, Lyria avrebbe quindi trasformato l'arma in un bastone e avrebbe provato ad atterrare la figura colpendola alle gambe. Quindi, con il momento del colpo risalente, l'arma di sarebbe trasformata ancora una volta, in uno spadone stavolta, che avrebbe tentato di colpire in obliquo la figura, ancora una volta mirando alle gambe. - Proprio quando pensi che non possa succedere nulla. - Una risata sommessa, e la ragazza si sarebbe allontanata di poco, per mantentere comunque una distanza da corpo a corpo in grado di permetterle di reagire. L'ornamento rosso sull'elmo, quello in cui raccoglieva i capelli, sventolava lentamente, mentre l'armatura rifletteva la poca luce. Si sarebbe spostata più vicina al bambino dopo quella sequenza, senza però allontanarsi troppo dal nemico, cercnado solo di frapporsi.

    Solo dopo aver fatto la sua entrata si accorse meglio di chi aveva protetto il ragazzino prima di lei. Ali piumate, due paia, crescevano dalla sua schiena. Era un tipo strano, all'apparenza, ma aveva fatto qualcosa di utile, e di benigno. Un alleato, a vista d'occhio. Non aprì però bocca nella sua direzione, perchè sentì che qualcos'altro si aggirava nell'oscurità. Non capiva bene cosa fosse, o da dove venisse, ma sapeva che c'era. La stava praticamente invitando, e non era piacevole. La cosa peggiore, è che nemmeno ciò che aveva davanti la inquietava così. - Cosa cazzo è. - Sussurrò, a denti stretti.


    Narrato - Parlato - Pensato - Parlato altrui

    Riassunto:
    - War Chant per +1 in Velocità e per Basso di Offensiva, portata al volto della figura mascherata
    - Attacco Base (+1) alle gambe per farlo cadere a terra con bastone
    - Attacco Base (+1) sempre ad altezza gambe con uno spadone, per provare a farlgi ancora più male

    Stato Fisico: Illesa
    Stato Mentale: Attenta, allerta.
    Energia: 72% (100 - 18)

    Tecniche Usate:
    War Chant
    Intonando una melodia dal tono grave, Lyria è in grado di manifestare il più comune dei doni della divinità. Se fosse senza elmo, si potranno notare i suoi capelli bianchi colorarsi di rosso, sulle radici, mentre il suo corpo acquisisce maggiore potere. La ragazza sarà dunque più veloce e in grado di portare attacchi più potenti della norma per del tempo prima che l'effetto svanisca.
    [Supporto/Offensiva Multi-Effetto Multi-Turno; Power Up Velocità (+1); Fisico; Personale; Alto [Medio (Basso+Basso) x2 Turni] ]

    Abilità Passive:
    Figli dell'Uno [Abilità Passiva][Auspex Magico Ambientale][1 Slot (Razziale)]
    Gli umani sono la prima grande popolazione del mondo di Atlas, lo hanno conosciuto prima degli stessi aspetti e godono di una intrinseca connessione alle forze magiche. Tutti gli umani sono in grado di percepire come tale i fenomeni e gli oggetti magici che non siano stati velati da un potere superiore a quello della loro capacità innata.


    Master of War [Abilità di Caratterizzazione - Power Up] [ Immunità alla Fatica (1) | Capacità di usare ogni arma alla perfezione (1) | Potenziamento Attive Magiche Offensive (Basso+Basso) (4) | Immunità a Veleni e Malattie (1) ] [7]
    Il Culto del Dio della Guerra è particolare, ancora di più considerando che ormai gli effetti benefici dovuti alla benedizione di una divinità non sono più gli stessi, quasi mai. Pur essendo l'Aspetto della Guerra, la violenza non è alla base del credo, ma bensì il rispetto per essa. Di fatto, è raro che un seguace, e ancor meno un membro delle autorità del culto, siano persone violente. In compenso vengono addestrati come militari, disciplina rigida, mente salda e sanno usare armi di ogni genere e sorta. Un gruppo piccolo, ma d'elitè. Nonostante questo, non si muovono per nessuno, se non per difesa o altre particolari circostanze. Gli allenamenti, in compenso, sono estremi a dir poco, praticamente inumani. Spinti ad affrontare mostri oltre le proprie capacità, o innumerevoli gruppi di malintenzionati, i Chierici ne escono vittoriosi e possenti, oppure seppelliti nella gloria. I benefici sono vari, sorpassata quella lunga serie di incontri con la morte che porta all'essere considerati membri effettivi. La fatica è un lontano ricordo, sia per il potere miracoloso che sono in grado di usare, sia per lo sforzo giornaliero a cui vengono sottoposti. Sanno usare ogni genere di arma, a volte anche se non ne hanno mai usata una, grazie ad un piccolo dono dell'Aspetto della Guerra.


    Faith resides in our Arms [Abilità di Caratterizzazione] [Conoscenza (Geografia) (1) | Conoscenza (Strategie di Combattimento) (1) | Conoscenza (Linguaggi) (1) | Conoscenza (Storia) (1) ] [4]
    Lyria è un po' diversa dagli altri chierici. Era la più giovane, ma anche la più debole. Contro ogni aspettativa, però, è sopravvissuta ad ogni prova. Grazie a questo estremo addestramente, riesce a far sembrare quasi senza peso l'armatura che indossa. Sebbene sia infatti di un materiale resistente e più leggero possibile, e con abbastanza giunture da risultare flessibile, risulta comunque più pesante di quanto le sue movenze fluide possano far sembrare. Inoltre la ragazza conosce, in parte per lo studio profondo concessole negli anni di nobiltà, in parte per un piccolo aiuto divino, molto dell'Atlas. Storia, geografia e lingue sono argomenti di facile apprendimento e di cui ha memorizzato molto da tempo, senza contare le tattiche militari e di guerriglia che ha imparato per aiutare in combattimento.



    Equipaggiamento:

    War God Armor [Difensivo, Lv.1]
    L'armatura che indossa Lyria è un'armatura completa di pregiata fattura. Un po' dovuto ai suoi nobili natali che le hanno concesso di poter usufruire dei suoi averi per potersi comprare un'armatura che le stesse bene, e in parte per aiuto dell'ordine, l'armatura è creata da materiali resistenti e al contempo articolata e flessibile. Nonostante sia più leggera di altre armature complete, il peso non è indifferente, ma la ragazza riesce a farla sembrare al pari di un'armatura leggera. Persenta vari segni di battaglie, ma è estremamente lucida, come se nonostante quei segni sia completamente nuova e lucidata. Di fatto, tutti i "ricordi" degli scontri sono stati lasciati volontariamente.


    Warmaster Rod [Magico Offensivo; Lv.1]
    Ogni Chierico sa usare ogni genere di arma, ma l'addestramento di Lyria è finito in una maniera un po' più particolare. L'arma che ha acquisito durante una delle missioni a cui ha partecipato le permette letteralmente di avere una qualsiasi arma fra le sue mani. Normalmente, è un bastone bianco lungo circa cinquanta centimetri, metallico e cilindrico, che tiene al suo fianco, stretto ben saldo. L'arma può assumere dunque qualsiasi forma l'utilizzatore desideri, permettendo così di poter cambiare arma e stile di combattimento anche mentre affronta un pericolo.




     
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    L’oscurità incombente non permetteva una visuale perfetta dell’esterno ma Ares non dovette faticare troppo per capire cosa stesse succedendo. Ad una decina di metri, nello spiazzo antistante, lo spettacolo di un bambino e del suo inseguitore stava avendo luogo fin troppo in bella mostra.
    La figura longilinea ammantata di giallo e oro e nascosta dietro una maschera bianca dalle fattezze di cefalopode aveva un che di ritualistico: agli occhi dell’accademico quell’individuo era chiaramente parte di un culto o una setta locale… motivo per cui, forse, i presenti non sembravano del tutto avulsi da quel tipo di evento.
    La mente dello stregone prese a vagare attraverso vari scenari riguardanti il villaggio: aveva sentito parlare di sette che prendevano il controllo di interi insediamenti, spargendo voci per attirare stranieri e usarli per i propri scopi. Aveva udito anche di villaggi che, pur non essendo direttamente coinvolti, tacevano omertosamente riguardo la presenza di avvenimenti strani, a volte per semplice paura, a volte per un diretto beneficio come migliore protezione dalle istituzioni dei vari regni o nei casi peggiori da pericoli ancora più gravi.
    Lo sguardo del tiefling vagò sospettoso per la sala, soffermandosi sui vecchietti e sui cercatori d’oro, prima di spostarsi nuovamente all’esterno. In tutto quello, il cavaliere alato aveva ben pensato di lanciarsi fuori e dimostrare ancora una volta le sue qualità di salvatore e guida sulla via della rettitudine proteggendo l’innocente che stava presumibilmente per finire ammazzato.
    “Beh, che mi venga un colpo. Il Nostro Signore Redentore sta facendo l’eroe.” esordì in direzione dei compagni di bevuta. Lì per lì fece per aggiungere qualcosa quando una presa salda sulla natica lo fece sobbalzare, mentre il corpo di Rhome gli si accostò talmente tanto da poterne quasi percepire il calore attraverso le vesti. Si voltò per un istante, incontrandone il sorriso malizioso e, stranamente, nessun indizio che facesse pensare che fosse spaventata dalla situazione. “Dovrai pazientare ancora qualche istante per quello, dolcezza” le intima con un’occhiata più che esplicita, portando un braccio indietro per tenerla meglio al riparo. Cercando poi di darsi un tono si rivolse agli altri presenti. “Ditemi, una maschera bianca con tentacoli vi dice nulla?” indagò, continuando a studiare la figura ammantata di giallo.
    La mano di Rhome non era però l’unica distrazione presente.
    Un movimento improvviso strappò una fugace esclamazione di sorpresa ad Ares, entrando di gran carriera nel suo campo visivo dall’ingresso al villaggio: un guerriero ricoperto completamente d’acciaio si lanciò violentemente contro il mascherato tentando di colpirlo prima al volto e poi alle gambe. Un altro cavalier servente, grandioso. “...e abbiamo un altro partecipante alla festa, si direbbe. Qualcuno di voi si è portato appresso un cavaliere?” si girò di nuovo, rivolgendosi a tutti ma in particolare ad Ezra, dal momento che si trattava della più probabile ad avere compagnia di alto rango al seguito.
    “Non conosco né cavalieri, né tizi con maschere e tentacoli. Comunque buon per noi che ci sono abbastanza cervelli di gallina, riuniti in un unico posto, che si prenderanno la gloria di morire”, fu la risposta di dubbia morale che ottenne.
    D’altro canto, però, non poteva del tutto dissentire. Cacciare il Male da soli non era un compito facile e, di solito, ci si imbatteva raramente nelle sue manifestazioni fisiche a meno di non trovarsi nelle Pianure Infrante, dove la vicinanza del Divoratore permetteva ad Aberranti ed altri abomini di invadere il mondo in continuazione. Inoltre, non sempre il Male si limitava a prendere una forma direttamente mostruosa e per stanarlo bisognava speso ricorrere a degli espedienti non sempre molto onorevoli… come in quel caso. Era una fortuna che vi fossero già due volontari desiderosi di tenere a bada il pericolo, così da permettergli di osservare e, forse, raccogliere indizi. Ancora meglio sarebbe stato se non lo avessero ucciso, in modo da tentare di ottenere informazioni da una fonte diretta e arrivare poi al cuore del problema. Ma su questo non si fece troppe illusioni: il nuovo cavaliere sembrava fin troppo intenzionato ad uccidere e se lo strano figuro non avesse risposto in fretta all’attacco, beh… ci sarebbe rimasto ben poco su cui indagare. Avrebbe dunque dovuto aspettare, sfortunatamente, nonostante il suo istinto gli stesse urlando di uscire a dare una mano a quel povero ragazzino.
    “Di aiuto ne ha abbastanza. E poi se qui per un motivo, ricordi?” una vocina brontolò vicino all’orecchio sinistro, lontano dallo sguardo indiscreto di Rhome. Quasi avesse intuito il pensiero di Ares, Gaoth era uscito dal suo taschino-nascondiglio per frenare il cavallo prima ancora che si fosse messo in moto e il cinismo di quelle poche parole riportò la mente dello stregone a pensieri ben più lucidi, per quanto ancora difficili da accettare. Il suo compito richiedeva spesso dei sacrifici: era lì anzitutto per osservare prima ancora di intervenire, questa era la politica dell’Accademia. Una politica che, per una volta, avrebbe voluto non seguire ma che gli avrebbe potuto salvare la pelle se avesse giudicato male la situazione: dopotutto, poteva essere una trappola e quello là fuori un diversivo. A proposito di questo, infatti, dove era Donna Sybelle? E perché il topo era così spaventato mentre gli anziani e i cercatori d’oro sembravano solo leggermente preoccupati? Cosa pensare, invece, dei viaggiatori, apparentemente tranquilli nonostante fossero rimasti cautamente dentro la locanda? Troppe cose non quadravano, troppe… e improvvisamente, rimanere all’interno della locanda sembrò ad Ares pericoloso quasi quanto il fiondarsi all’esterno.
    I suoi pensieri furono interrotti dalle reazioni degli altri alle sue spalle. Si girò nuovamente, perdendo così di vista per un attimo la scena che si evolveva a pochi metri dall’edificio, per vedere che sia Ezra che Seras parevano improvvisamente interessate al topo-anfitrione. Anche loro dovevano aver intuito che la gente lì sapesse qualcosa.
    Forse un altro modo per ottenere informazioni c’era, dopotutto.





    ARES
    YLfkQND
    Salute: 32/32
    Mana: 100%
    Energia: Gialla

    Fisico: Illeso
    Mente: Rimuginando su cosa fare e come.

    Equipaggiamento:

    - Peacock’s Quills [pugnali da lancio lvl. 3] [8/8]
    - Midnight’s Cloak [mantello magico lvl. 3] [8/8]


    Passive:

    ˟[Pieno effetto offensive ad area + Selezione dei bersagli]
    ˟[Power-up statistico +1 agilità]
    ˟[Passiva di antimalie]
    ˟[Passiva di rilevamento]

    Tecniche:


    Altro: I dialoghi supplementari degli altri pg sono stati concordati in privato.

    .Fase difensiva:

    .Fase offensiva:

     
    .
60 replies since 16/9/2021, 20:59   3189 views
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