Due matti non fanno uno sano, alle volte però sono bravi a tenersi la mano
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Vera si sentiva protetta, e lo odiava, soprattutto odiava sentirlo con Marc. Perché doveva essere così? Un giorno era un cretino e l’altro un pezzo di pane. O era bipolare o gli piaceva giocare con la gente. Cacciò via tutti i pensieri negativi e godette dell’abbraccio con lui. Le piaceva tenerlo vicino. Poteva sentire il suo profumo, quanto lo adorava. Marc la portò sul divano e si sedettero, rompendo l’abbraccio. Vera si sentì fredda, il calore di Marc se n’era andato. Marc guardò i suoi occhi, ne guardò ogni dettaglio, erano così belli. -Vuoi parlarne?
Vera si stupì a sentire le sue parole. Davvero era interessato a ciò che le stava succedendo? Aveva dei dubbi. -E’ stata una giornata orribile, non reggo i litigi dei miei genitori e ora devo sopportare il suo ritorno. Marc la guardò. -Che succede ai tuoi genitori?-e questa volta fu lei a guardarlo. Non capiva al cento per cento l’attitudine di Marc così interessata ma le piaceva stare così con lui. -Vedi, un anno fa i miei genitori hanno litigato, quasi si lanciavano i piatti-Vera rise dolcemente e Marc la imitò-mio padre se n’è andato di casa. So che si voglio bene Marc, lo so, ma non vogliono parlarsi e nulla mi farebbe più felice che vederli di nuovo insieme. Vera sospirò e Marc si mise a pensare. Non avrebbe mai potuto immaginare ciò che stava passando. Sembrava una donna così dura e forte e mai avrebbe potuto immaginarsi avesse tutti quei problemi. -Ti direi che ti capisco ma ti starei mentendo.
Vera sorrise e annuì. Gradiva la sua sincerità. Odiava la gente che non sapeva cosa stesse passando ma diceva di capirla per farla sentire meglio. -E il cretino chi era? -Geloso Marc? -Chiamala come ti pare Torres, semplice curiosità, ti ho vista molto presa. Vera sospirò e abbassò la testa. Non aveva mai raccontato quella cosa a nessuno. Non si sentiva bene ricordando ciò che era successo con Eric. Non era capace di raccontarlo a nessuno, né a Liza, e sicuramente non a sua madre, e ancora meno a Marc. Si sentiva patetica e umiliata. -Non voglio ricordarmelo Marc.
Sembrava aver capito e non insistette. Ma il fatto che non avesse insistito non voleva dire che non fosse curioso. Voleva sapere chi fosse quel tipo così importante nella vita di Vera. -Hai fame?-chiese mentre si alzava dal divano e le tendeva la mano. -Sì, un po’, posso ordinare qualcosa. Marc negò e entrò in cucina. -Assolutamente no, lascia fare a me. Fammi vedere cos’hai qui-Vera spalancò gli occhi. -Sai cucinare? Marc annuì e aprì il frigorifero per vedere cosa poteva essere usato per cucinarle qualcosa e rallegrarla un po’.
La sua filosofia era semplice. Mangiare ti fa sempre sentire felice. Fine. -I tuoi genitori hanno creato il prototipo di uomo perfetto-i suoi occhi seguivano Marc. Una sonora risata uscì dalla bocca di lei mentre lui la guardava incantato. -Lo prendo come un complimento. -Solo tu puoi prenderlo come un complimento. L’ambiente era rilassato, nulla a che vedere con la tensione che c’era sempre fra i due. In quel momento mentre Marc infilava letteralmente la testa dentro la credenza e la sgridava per non avere nulla di utile, lei ricordò il loro primo incontro. Non l’avrebbe mai ammesso, però mentre guardava Marc ricordava quel giorno e arrivò a una conclusione, quel giorno le aveva cambiato la vita.
-Devi andare a comprare qualcosa di decente, sul serio, vediamo cosa posso fare con questo. Vera provò ad avvicinarsi per vedere cosa stesse facendo ma lui la cacciò via. -Che fai? Fuori dalla mia cucina! -Però non è la tua cucina e voglio sapere cosa stai facendo. Lei provava ad avvicinarsi ancora ma lui la spinse fuori. -Spero di non dover chiamare i pompieri-gridò sedendosi sul divano rassegnata. Marc? Cucinando? Era da vedere. Dopo circa venti minuti di noia e mentre vedeva Marc correre da un lato all’altro per sistemare il tavolo arrivò con due piatti di risotto. Li mise sul tavolo insieme al vino e guardò Vera. Le spostò la sedia e lei si sedette, sentendo l’odore del piatto, sembrava delizioso. -Hai il telefono a portata di mano?-chiese Vera mentre avvicinava la forchetta al piatto.
Marc la guardò e posò il bicchiere sul tavolo. -No, perché? -Nel caso in cui tu debba chiamare un’ambulanza per farmi ricoverare per intossicazione. -Che carina. Le loro risate si fusero al caldo ambiente a i loro sguardi si incontrarono. Avrebbero voluto dirsi tante cose, ma nemmeno loro sapevano cosa. Le sentivano, ma non riuscivano a riconoscerle. Vera portò la forchetta alla bocca mentre Marc non smetteva di guardarla. -Continui a dire che c’è bisogno che chiami l’ambulanza?
-Sì, però per farmi ricoverare per infarto, è il piatto più buono che abbia mai mangiato. Marc sorrise soddisfatto, sapeva di essere un gran cuoco, una delle sue grandi virtù. -Ora voglio il dolce-disse lei mettendo in bocca l’ultimo boccone di quella meraviglia per il palato. Marc roteò gli occhi e la guardò con un sorriso malizioso. -Anche io ho voglia di altro, ma non esattamente un dolce-lei spalancò gli occhi e incrociò le braccia. -Sei un maiale. Marc rise e si alzò dal tavolo prendendo il suo piatto e avvicinandosi a lei per prendere il suo. A raccogliere il piatto si avvicino al suo orecchio. -Di qualcosa devo pur vivere, non credi? Marc andò in cucina e dopo due minuti tornò con due tortini al cioccolato. -Hai intenzione di conquistarmi prendendomi per lo stomaco? Perché lasciami dire che ce la stai facendo. Dopo aver finito di mangiare si misero a conversare riguardo ai loro gusti e passioni. -Non posso credere che adori così tanto lo sport, davvero fai atletica?-Vera annuì con un sorriso mentre andavano verso la porta.
-Già, questo sedere non si mantiene da solo. Marc la guardò e sorrise. -Benedetta sia l’atletica-Vera mise il muso e lui approfittò del momento per prenderla dalla vita e darle un bacio fugace che poco a poco divenne qualcosa di più intenso. Ma Vera non voleva passare ad altro e lo allontanò. -No Marc, basta per favore. Vera aveva le sue mani sul suo petto e le loro fronti si toccavano mentre il loro respiro si mescolava e i loro occhi si fissavano. -Va bene, va bene, mi fermo.
-Ho bisogno di saperlo, cos’è questa galanteria così repentina? -Sono sempre un cavaliere, uno molto bello-rispose Marc come un bambino di cinque anni. Ciò provocò in Vera tanta tenerezza. -Sai di cosa parlo. -Volevi che ti dimostrassi che non sei una delle tante, e sto provando a farlo, voglio farti vedere che sei più che una di quelle donne della lista che dici io abbia. Vera lo guardò socchiudendo gli occhi e incrociando le braccia. Dubitava, lo diceva solo per portarsela a letto? O davvero gli importava qualcosa di lei? Aveva paura fosse la prima opzione. Marc la prese dolcemente per la vita e unì le sue labbra a quelle di lei.
-Lascia che ti conquisti dolcezza. -Vai, è meglio che tu te ne vada, è tardi. Lei si spostò da lui e aprì la porta in modo che potesse andarsene. Marc uscì dalla porta e prima che potesse dire qualcosa lei chiuse la porta. Vera sospirò profondamente sedendosi sul divano. -Mi hai già conquistata figlio del demonio. Vera sentì la sua voce venire da fuori e si spaventò. Aprì la finestra e lo vide per strada a gridare come un degenerato. -Non sai che ore sono? Smettila di gridare. -Farò in modo che ti innamori di me dolcezza, te lo prometto.
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